“I figli”, romanzo di Libero Bigiaretti
Questo romanzo di Libero Bigiaretti, “I figli”, ha settant’anni. Lo scrittore matelicese lo pubblicò nel 1954 presso l’editore fiorentino Vallecchi, che lo ristampò nel 1960 e La di nuovo nel 1974 in una edizione riveduta dall’autore.
Prendendo quest’ultima edizione come riferimento, in occasione del trentesimo anniversario della morte dello scrittore, il Comune di Matelica ha ripubblicato l’opera, a cura di Carla Carotenuto, nell’ambito di un progetto di valorizzazione della produzione letteraria bigiarettiana.
Insignito del premio “Selezione Marzotto” nel 1955, il romanzo si presenta perennemente attuale, in quanto affronta le tematiche familiari che nel tempo vivono dei mutamenti sociali e culturali.
È lo stesso autore, come già fatto in altre sue opere, che in una sorta di presentazione, avverte il lettore di essere “da molti anni amico della famiglia Bernabei” di Matelia (trasfigurazione letteraria di Matelica) della quale nei dieci capitoli, raggruppati, in tre parti, si appresta a svelare “le insofferenze, le intermittenze, le disarmonie e i compromessi della convivenza familiare, sentimentale e sociale”.
Ogni capitolo dà voce ad un singolo componenti la famiglia Bernabei. Il settantaquattrenne Adamo (padre e nonno), nato nell’Ottocento, costruttore di case, passionale ed anarchico, il quale è “testimone – come scrive la curatrice – di un’epoca passata in cui centrale era la funzione della famiglia con ruoli definiti, vanificati dai suoi figli e da suo nipote, i quali contrastano la figura paterna e non rispettano ricorrenze, né orari, disertano i pasti e le conversazioni comuni, le occasioni conviviali, opponendo a interessi condivisi bisogni e desideri individuali. A Roma, dove sono nati i figli e il nipote, Adamo oppone l’amore incondizionato per il suo paese marchigiano”. Poi c’è il figlio Osvaldo, ingegnere, intellettuale e liberale e il figlio di lui, Giulio, studente e comunista, che il nonno Adamo riesce a capire più di suo padre. “Mio figlio Osvaldo – dice l’anziano Adamo – non mi ascolta, egli ha sempre riso senza riguardi dei miei ricordi e non sa, lo sciocco, che a sua volta Giulio ride di lui”.
Quindi c’è Anna, la moglie marchigiana di Osvaldo, la cui affinità con il suocero si fonda sull’amore per i propri paesi di origine ed Elena, amante di Osvaldo, che un giorno riceve una lunga telefonata di Anna. Quando il romanzo fu scritto in Italia ancora non c’era il divorzio e Osvaldo ad un certo punto ipotizza di giungere ad una “bigamia legalizzata”.
Infine c’è Andrea, l’altro figlio minore di Adamo, cui Bigiaretti non dà voce direttamente, ma che nel romanzo vive attraverso gli altri personaggi. Su di lui incombe un mistero, che solo Osvaldo ritiene di poter conoscere e che svela in una lunga lettera alla sua amante, la quale nella risposta lo rimprovera duramente.
La storia dei Bernabei – per dirla con le parole di Osvaldo – “è fatta di una oscura catena di rivolte e di rancori tra padri e figli”.
© Alessandro Feliziani /Orizzonti della Marca
(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 50 del 28 dicembre 2024)
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