Simone Veil, “madame” Europa
La decima legislatura europea sta compiendo i suoi primi passi e un prezioso volumetto edito dalle EUM (Edizioni Università di Macerata) in concomitanza con le elezioni della primavera scorsa riaccende una luce sulla donna che nel 1979 fu presidente del primo Parlamento europeo eletto a suffragio universale: Simone Veil (1927 – 2017).
Sopravvissuta alla Shoah e divenuta magistrato, ella ha ricoperto ruoli di primo piano nell’ordinamento giudiziario francese (Consiglio Superiore della Magistratura e Consiglio costituzionale), ma la sua notorietà in campo internazionale è soprattutto dovuta ai diversi ruoli politici svolti in Francia come ministro, sia prima che dopo gli anni della presidenza del Parlamento europeo.
Il libro dedicato a Simone Veil è il settimo uscito nella collana “Prolusioni”, che con la direzione scientifica di Benedetta Barbisan e Raffaela Merlini, pubblica integralmente discorsi, il più delle volte inediti, tenuti da personalità della politica, della cultura e delle scienze nel corso di cerimonie ufficiali all’interno di atenei o per il conferimento di titoli ad honorem.
Di Simone Veil sono proposti, nelle traduzioni di Daniela Fabiani, due discorsi. Il primo è quello che, nella veste di presidente del Parlamento di Strasburgo, tenne il 27 novembre 1980 all’Istituto universitario europeo di Firenze, in occasione della quarta conferenza Jean Monnet. In quel discorso – che per certi versi sembra pronunciato ai giorni nostri – la Veil non nasconde le preoccupazioni per il futuro dell’Europa: “…la crisi che attraversiamo – si legge – invece di portarci a serrare i ranghi e a progredire verso l’unione, irrigidisce troppo spesso le posizioni e porta ognuno, giorno dopo giorno, a privilegiare gli interessi e le ricadute a livello nazionale”.
Il secondo discorso pubblicato nel volume è quello tenuto dalla Veil nel novembre 2008 all’Institut de France di Parigi in occasione del suo insediamento all’Acadèmie française, dove era stata eletta due anni prima, quale sesta donna ad esservi ammessa dalla avvenuta istituzione nel 1635. A questo secondo discorso – in cui la Veil tocca anche il tema del rapporto tra lingue e genere – segue nel libro la “risposta” di benvenuto affidata allo scrittore Jean d’Ormesson e, più avanti, il discorso del presidente della Repubblica, Jacques Chirac, in occasione della consegna in Senato alla neo accademica della spada, dove Simone Veil aveva fatto incidere il numero di deportata che le era stato tatuato ad Auschwitz (78651) e due motti, quello della Francia “Libertè, Egalitè, Fraternitè” e quello dell’Unione europea “Uniti nella diversità”.
Il libro è arricchito da un breve saggio di Natascia Mattucci sulla figura di Simone Veil, che, in occasione della sua scomparsa, è stata definita “icona della migliore Francia” e “coscienza d’Europa”.
© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca
(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA del 26 ottobre 2024)
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