La tragedia del Vajont. Il lavoro del giudice maceratese Mario Fabbri


La lunga battaglia giudiziaria condotta e vinta più di mezzo secolo fa nelle aule di tribunale dal magistrato maceratese Mario Fabbri per dare giustizia alle vittime del Vajont ha trovato in questi giorni un atto di definitivo compimento per onorare in perpetuo la memoria degli oltre duemila morti di quella tragica notte del 9 ottobre 1963 a Longarone e in altri piccoli centri del bellunese.

La direzione generale archivistica del Ministero della Cultura, infatti, ha emanato un decreto con il quale viene stabilito che l’intero fascicolo processuale del disastro del Vajont sia definitivamente custodito nell’Archivio di Stato di Belluno e non in quello dell’Aquila, dove è rimasto dopo la celebrazione dei due processi, di primo e secondo grado, che per legittima suspicione si svolsero nel capoluogo abruzzese tra il 1968 e il 1970.

Il cuore del voluminoso fascicolo (più di cinquemila documenti) è costituito dalla relazione istruttoria di circa 500 pagine redatta nel febbraio 1968 dal giudice Fabbri, che dopo quattro anni di difficili indagini firmò undici richieste di rinvio a giudizio per altrettanti dirigenti, progettisti e tecnici.

Mario Fabbri, che era nato a Macerata ne1934 e qui aveva frequentato il liceo classico e poi la facoltà di giurisprudenza, nel 1963 si trovava al tribunale di Belluno in qualità di giudice istruttore e sin dalla prime indagini sulla tragedia si convinse – riuscendo poi a dimostrarlo in sede processuale - che quel disastro si sarebbe potuto evitare se il lago artificiale non fosse stato costruito sotto una montagna che dava segni di instabilità.

Poco più di un anno fa l’Unesco aveva iscritto il fascicolo processuale del Vajont    nel Registro internazionale “Memory of the World”, riconoscendone il grande valore documentale. Questo fatto ha contribuito alla decisine adottata ora dal Ministero, ma a sbrogliare il dilemma burocratico sono valse ancor più le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che lo scorso ottobre, in occasione della cerimonia svoltassi nel bellunese per il sessantesimo anniversario della catastrofe, disse di ritenere “non soltanto opportuno, ma doveroso, che la documentazione del processo celebrato a suo tempo sulle responsabilità rimanga in questo territorio”.  

Una decisione che oggi avrebbe fatto gioie anche il giudice maceratese, scomparso cinque anni fa, il quale nel 1998, proprio per la sua tenace battaglia giudiziaria, fu nominato cittadino onorario di Longarone.

© Alessandro Feliziani /QN Il Resto del Carlino

(Articolo pubblicato domenica 25 agosto 2024 sul quotidiano Il Resto del Carlino, edizione Macerata, pagina 5)

 Fonte fotografica: Corriere delle Alpi, Belluno

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