Nino Patrizi (1911-1973). Una vita a far parlare le pietre

Capita di incontrare frequentemente per strada una persona, che, per qualche motivo, ti incuriosisce e continuare nel tempo ad ignorarne il nome, il mestiere o la professione. A me da ragazzo capitava di incrociare spesso per le vie di Tolentino un uomo, che destava la mia curiosità per quel pizzetto bianco ed un berretto calcato di traverso sulla testa, sempre leggermente reclinata su una spalla. Seppi chi era solo quando morì, cinquant’anni fa, perché lessi la notizia su un giornale, che pubblicò anche la sua foto. Era Nino (Giovanni) Patrizi, un apprezzato scultore, scomparso il primo luglio del 1973 a San Ginesio, dove era nato sessantadue anni prima.

Frequentava assiduamente Tolentino perché, oltre a molti estimatori, aveva in città diversi amici. Amicizie nate sui banchi della scuola d’arte “Giuseppe Lucatelli”, istituita all’inizio degli anni Venti e diretta in quegli anni dal noto pittore e caricaturista Cesare Marcorelli.

Nel 1929 la passione per l’arte, scoperta con la prima formazione a Tolentino, Patrizi volle approfondirla a Roma, frequentando l’Accademia di Francia e poi l’Accademia di San Luca. Egli visse nella Capitale fino al 1942, lavorando in uno studio di via Margutta e partecipando a molti lavori di restauro, tra i quali quelli all’Ara Pacis, a cui fu chiamato dal Sovrintendente alle Belle Arti capitolino, l’archeologo settempedano Giuseppe Moretti.

Rientrato nelle Marche, Patrizi si stabilisce nella sua San Ginesio, dove rimane per il resto della vita, realizzando numerosi lavori in pietra, terracotta, gesso, legno, marmo, bronzo per chiese e comuni della zona, ma anche per privati, che gli commissionano busti, ritratti, sculture e tavoli per giardino, nonché artistiche sculture o bassorilievi per tombe cimiteriali. Per il comune di Tolentino alla fine degli anni Cinquanta egli realizza le fontane a forma di animale: una tartaruga e una rana in pietra e una lumaca in pietra e bronzo, che – ancora oggi presenti negli spazi verdi della città – Giuseppe Rivetti, presidente della delegazione FAI di Macerata, ha inserito lo scorso marzo tra i percorsi di visita della “Giornata di Primavera”.

In occasione della mostra retrospettiva “Storie di pietra”, che il comune di San Ginesio e la provincia di Macerata dedicarono all’artista nel 2001, il critico d’arte Lucio Del Gobbo (curatore dell’esposizione insieme ad Egidio Del Bianco) ricordava che “Nino Patrizi era tra i pochi a saper manovrare con assoluta padronanza lo scalpello sulla pietra, nell’esercizio del ‘togliere’ [......] un lavoro duro, penitenziale, compensato da un’autonomia di gestione e da un risultato durevole, atto a sfidare il tempo”.

Nino Patrizi è stato un valente scultore troppo presto dimenticato e mi fa sorridere ripensare che per me – quando era in vita – rimase a lungo solo il misterioso uomo con il basco in testa.

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

Nella foto: Nino Patrizi in uno scatto di Luciano Francioni

(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 29 del 29 luglio 2023)


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