Ripopolamento e ricostruzione: due obiettivi che si integrano.



Mentre l’Italia si appresta, verosimilmente, ad avere la prima donna alla guida del governo, la provincia di Macerata è già sicura di poter contare in parlamento su tre donne. Sono tre, infatti, le parlamentari che, per collegio di avvenuta elezione o perché esponenti politiche della comunità provinciale, possono considerarsi dirette rappresentanti del territorio. Due di loro appartengono a gruppi politici della nuova maggioranza parlamentare (Giorgia Latini alla Camera ed Elena Leonardi al Senato), mentre Irene Manzi rappresenterà la provincia di Macerata nell’ambito dell’opposizione a Montecitorio.

Una parte autorevole della psicologia sostiene che le donne sono molto spesso più determinate, più pragmatiche e più concrete degli uomini e già questo potrebbe far ben sperare circa l’apporto della nostra rappresentanza parlamentare per il futuro di questo entroterra, alquanto sofferente su più fronti.

Poche settimane fa su questa stessa pagina, in una sorta di lettera aperta ai futuri parlamentari, sono stati richiamati alcuni temi di carattere generale, sui quali deputati e senatori marchigiani dovrebbero impegnarsi con occhio attento alle necessità e ai problemi delle zone montane e collinari.

A seguito del responso dato dalle urne, altri due temi, sui quali la nuova maggioranza politica si appresterebbe ad intervenire, meritano di essere affrontati per il riflesso che potrebbero avere nella nostra realtà.

Il primo, presente nel programma politico del governo “in pectore”, è quello della “natalità”, che da anni continua a scendere in tutto il Paese e che nelle aree interne si inserisce in un più ampio e drammatico problema demografico. È pur vero che la lotta alla “denatalità” costituisce il principale obiettivo per evitare nel tempo un irreversibile squilibrio sul sistema previdenziale, ma gli interventi da mettere in atto andrebbero studiati anche come strumenti per un riequilibrio demografico territoriale. 

“La progressiva introduzione di un sistema di tassazione basato sulle dimensioni familiari (quoziente familiare)” oppure “l’aumento degli importi per l’assegno unico” e “la riduzione dell’IVA sui prodotti per la prima infanzia” – solo per citare alcuni interventi scritti nei programmi elettorali – sono condivisibili ed utili, ma non sufficienti per una ripresa omogenea della natalità su tutto il territorio e in particolare dove c’è maggiore sofferenza demografica. Se non si tiene conto di situazioni diverse tra loro si rischia di equiparare gli interventi per la famiglia agli incentivi per l’auto elettrica o ai bonus per l’acquisto degli elettrodomestici a basso consumo energetico.

Per elevare l’indice di natalità nei paesi dell’Appennino, infatti, occorre evitare che i giovani se ne vadano, creando per loro opportunità di lavoro e condizioni favorevoli a formare la famiglia nei loro paesi. Per far questo è necessario ripensare localmente ai servizi, dalla scuola alla sanità, incominciando dalla riapertura dei “punti nascita”, chiusi in modo sconsiderato anni fa. 

Solo così, intervenendo su obiettivi complementari e convergenti, la soluzione ad un problema generale può essere declinata anche in un’ottica locale.

Il secondo tema sul quale – almeno secondo ricorrenti voci giornalistiche – la nuova maggioranza politica avrebbe intenzione d’intervenire è la ricostruzione post-sisma. Ben venga tutto ciò che può migliorare e velocizzare procedure e realizzazioni, ma il ventilato smembramento della struttura commissariale non sembra la via maestra, specie ora che – dopo una stasi durata quattro anni – il “governo” della ricostruzione ha preso slancio, con ampia e generale soddisfazione.

Il passaggio della gestione della ricostruzione post-terremoto alle singole regioni, che si vorrebbe attuare, rischia di interrompere un processo virtuoso, che sta dando risultati e che soprattutto garantisce uniformità normativa e omogeneità di programmazione in tutta la vasta area del centro Italia. Senza considerare, poi, che la struttura commissariale ha già avviato la fase attuativa del finanziamento dei 1.780 milioni di euro del “Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR”, che il governo Draghi ha assegnato complessivamente ed in modo indistinto al centro Italia colpito dal sisma. Si tratta dell’unico piano nazionale del PNRR territorialmente localizzato e destinato ad investire, a lato della ricostruzione immobiliare, sulla rigenerazione socio economica dell’intera zona.

Allora perché parcellizzare? E poi le singole regioni avranno le capacità per proseguire con competenza e velocità sulla strada avviata? Prima di rompere ciò che sta funzionando bene, varrebbe la pena compiere una seria riflessione, tenendo conto anche della voce dei comuni, i primi a preoccuparsi del futuro delle loro comunità.

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Articolo pubblicato sabato 1 ottobre 2022 sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 37)


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