Nasce la “Casa della memoria”, per “ridare voce” agli internati del campo di concentramento di Abbadia di Fiastra (1940 – 1943).



© “Nelle ore grigie ed oscure di Auschwitz, abbiamo sempre visto davanti a noi, come un miraggio, il luminoso giardino d’Urbisaglia (all’Abbadia di Fiastra, n.d.r.) in Italia, paese di sole e di buona gente”. Si conclude con queste frase una lunga testimonianza scritta conservata nell’archivio del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano (Fondo Kalk, III-IV, b.3, fascicolo 33), pubblicata nella traduzione italiana da Roberto Cruciani in un volume sull’internamento nelle Marche, Pollenza 1993. L’autore della testimonianza è Paul Pollak (1892 – 1974), già medico capo della Direzione di Polizia di Vienna prima dell’annessione dell’Austria alla Germania, che – in quanto ebreo straniero appartenente a uno Stato che applicava la politica razziale – fu fermato mentre si trovava a Milano e internato nel Campo di concentramento Urbisaglia-Abbadia di Fiastra dal 25 luglio 1940 fino alla chiusura del campo stesso, il 30 settembre del 1943. 

Quella del dottor Pollak è una delle tante storie degli oltre 350 internati (in maggioranza persone di religione ebraica) nel Campo allestito nel Palazzo Giustiniani Bandini negli anni 1940-1943, che ora la neo costituita associazione “Casa della memoria di Urbisaglia” intende riportare alla luce attraverso più approfondite ricerche, per poter poi sviluppare un’opera di divulgazione tramite pubblicazioni, convegni, iniziative didattiche e “rendere la memoria lievito di rinnovata coscienza civica”.

L’associazione, che ha il riconoscimento di “ente del terzo settore”, vede la partecipazione di un gruppo di cittadini urbisagliesi e di quattro realtà istituzionali: il Comune di Urbisaglia, la Fondazione Giustiniani Bandini, l’Università di Macerata e l’Università di Camerino.

L’iniziativa è stata promossa da Giovanna Salvucci, docente e presidente della sezione Anpi di Urbisaglia, che già da tempo ha avviato ricerche d’archivio, i cui primi risultati sono già consultabili nel sito internet www.campodiurbisaglia.org. 

In occasione della presentazione alla stampa della “Casa dalla memoria”, la stessa Salvucci ha fatto presente come la vastità della documentazione da analizzare abbia fatto cogliere “l’esigenza di dare una base più strutturata all’attività”, anche in relazione alla rete di collegamenti che da subito si è innescata proprio a seguito delle attività di ricerca. La piena disponibilità a collaborare da parte dei due atenei risulterà sicuramente preziosa, sia sul piano della ricerca storica, sia su quello della divulgazione. 

Pollak, definito “clinico valente che riscuote l’unanime fiducia della comunità degli internati”, negli anni della sua permanenza ad Urbisaglia continuò ad esercitare la professione di medico a favore degli internati del Campo e il Questore di Macerata autorizzò per lui l’allestimento di una vera e propria infermeria attrezzata. 

Dalla lunga testimonianza del medico austriaco, risulta che gli internati nel campo di Urbisaglia erano in maggioranza stranieri e non solo di religione ebraica. Tra gli ebrei italiani c’erano molti professionisti, soprattutto avvocati, medici, contabili e anche un notaio, mentre tra gli ebrei stranieri erano presenti in maggioranza commerciati ed imprenditori.   

Nella sua testimonianza, scritta quattro anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, Pollak riferisce anche sugli ultimi giorni del campo di internamento di Urbisaglia. Dopo l’8 settembre 1943 “seguirono – scrive – due settimane d’ansia e di paura, fino alla sera del 30 settembre 1943 quando dei camions, condotti da un ufficiale fascista italiano e scortati da soldati tedeschi, entrarono nel campo per portare via gli internati. Il Direttore, che fino all’ultimo istante si volle occupare dei suoi internati e chiese tempo per la cena e per la preparazione dei bagagli, fu messo alla porta e minacciato d’arresto. Questo momento segnò la fine del campo di concentramento di Urbisaglia. Il tenente ci condusse a Sforzacosta, nel vecchio campo per prigionieri di guerra, dove restammo al comando di un ufficiale italiano. Il 23 ottobre questo campo fu preso in consegna da una unità tedesca. Dopo alterne vicende, come alcune settimane di internamento libero e un nuovo internamento nella Villa Lauri (in Pollenza), gli ex internati d’Urbisaglia furono trasportati al Campo di Fossoli (Modena) il 30 novembre 1943 e, dopo tre giorni, in 800 circa, furono inviati al campo d’annientamento d’Auschwitz, in Polonia. Del gruppo di Urbisaglia, circa cento persone, io sono l’unico superstite”. 

In un altro passaggio, riferito al duro e doloroso periodo trascorso ad Auschwitz, Pollak annota: “Avevo sempre presente allo spirito il campo di Urbisaglia. Il trattamento umano dei suoi internati rimarrà sempre un attestato di lode per l’Italia e un documento della sua nobile antica civiltà e della religiosità”.

Ora l’attività della “Casa della memoria” di Urbisaglia servirà a documentare tante altre storie come quella del medico viennese, ma anche la bontà e l’umanità della popolazione civile locale, che – come testimoniato dal medico austriaco – “espresse ripetutamente stupore e disapprovazione per l’internamento di tanti uomini, dovuto solo da motivo di fede”. 

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 12- 2022)

 

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