Quando ritroveremo il senso del bene comune?


© L’inizio di un nuovo anno è spesso foriero di novità e in questo 2022 i lettori di Orizzonti della Marca ne hanno una proprio sotto i loro occhi. Infatti, come scrive su questa stessa pagina il direttore Giuseppe De Rosa, il nostro settimanale si presenta in una nuova veste, mantenendo fermo il proposito di conservare la propria identità e di farsi apprezzare anche oltre l’area di maggiore diffusione.

Il passaggio da un anno all’altro è soprattutto il momento in cui si esprimono speranze di tempi migliori e noi vorremmo sperare di poter offrire ai lettori sempre buone notizie. L’uso del condizionale non è un lapsus, ma un modo per cautelarci dall’illusione che tutto possa subito cambiare in meglio. Un anno fa era forte la speranza che a fine del 2021 la pandemia sarebbe stata solo un brutto ricordo, invece dopo dodici mesi una nuova impennata di contagi ci ha fatto ripiombare in un incubo da cui credevamo essere usciti per sempre. Colpa dei “no vax”? Forse, ma non solo. La loro irresponsabilità non esclude quella di chi non fa abbastanza per arginare i comportamenti dannosi che mettono in atto o addirittura fa loro l’occhiolino.

Forme di “no vax” sono presenti in molti settori: tra pochi giorni sarà celebrata la “Giornata della memoria” e faranno la loro ricomparsa anche i negazionisti dell’olocausto, veri “no vax” della storia. Ci sono poi i “no vax” dell’informazione, ovvero quanti artificiosamente e in modo sistematico usano la rete per diffondere in modo subdolo false notizie. Anche nella politica, da quella internazionale a quella di casa nostra, si annidano coloro che brigano per distruggere anziché per costruire. 

Nel tradizionale discorso di fine anno, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fatto un significativo richiamo alla necessità che la politica (soprattutto), la finanza, l’economia e tutti i settori della società si facciano carico dell’interesse generale, del “bene comune come bene di tutti e di ciascuno”. Eppure, quasi in quelle stese ore, il Consiglio regionale delle Marche approvava una norma che non può certo definirsi d’interesse generale. Una norma che “blinda” l’unione montana “Marca di Camerino”, impedendo per un decennio l’adesione ad essa di altri comuni, rispetto ai sei che ne avevano determinato anni fa la costituzione. La decisione della regione non fa certo l’interesse del territorio montano, già di per sé diviso anche su altri fronti – a settembre, ad esempio, erano sorti contrasti sulle aggregazioni dei plessi scolastici – con inevitabili ripercussioni sulla gestione dei servizi e sui bisogni dei suoi abitanti. Per i comuni alle prese con l’avvio dell’agognata ricostruzione post-sisma non c’è alcun bisogno di innalzare “muri di stampo feudale” intorno ad un piccolo ente che, così “arroccato”, rischia di rivelarsi inutile per un territorio già sofferente ed esposto a marginalizzarsi sempre più.

Che l’entroterra, a causa della scarsa capacità di fare “blocco” e trovare una propria unità, corra il rischio di diventare sempre meno determinante nelle scelte politiche, amministrative ed economiche per lo sviluppo complessivo del territorio provinciale e regionale lo dimostra la composizione del nuovo consiglio provinciale di Macerata, appena insediatosi. Dei dodici consiglieri eletti, due soli sono espressione dei comuni montani: Vincenzo Felicioli, sindaco di Fiuminata e Laura Sestili, consigliere comunale a Fiastra. Un risultato determinato da divisioni politiche, ma soprattutto da una pessima legge di riforma delle province che, anche sul versante del sistema elettorale, ha dimostrato di perseguire solo a parole l’equilibrio territoriale. Silvia Pinzi, sindaco di Serrapetrona, infatti, è risultata la seconda candidata più votata della propria lista (54 preferenze su 331 voti espressi dagli elettori), ma non è risultata eletta. La sua “colpa”: aver ottenuto la quasi totalità dei suffragi (50 su 54) tra gli elettori dei comuni con meno di cinquemila abitanti, dove il sistema di voto, ponderato in rapporto alla popolazione residente, determina un valore assoluto quindici volte inferiore alla potenzialità del voto di un elettore di Macerata o di Civitanova, comuni che hanno potuto eleggere loro rappresentanti con appena dodici preferenze.

Che le divisioni non esistono solo all’interno della politica lo dimostra la polemica sorta la vigilia di Natale a Serrapetrona tra vecchi e “nuovi” produttori di Vernaccia dolce spumante (Docg) e Vernaccia nera (Doc). Una polemica che per fortuna si è sopita (speriamo che possa quanto prima spegnersi definitivamente) con i brindisi di Capodanno, ma che comprova la difficoltà di fare squadra per quel “bene comune come bene di tutti e di ciascuno”.

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 1 del 15 gennaio 2022)


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