Donne di ieri e di oggi in un mondo che cambia.


M. Zura-Puntaroni, Noi non abbiamo colpa, Minimum fax, Roma 2020, pp. 190, euro 16.


© È una storia di famiglia, come tante. È uno spaccato di latente conflitto generazionale. È un rapporto fra tre donne: una nonna, una madre, una figlia. È, infine, anche un ritratto di vita di paese. È un po’ tutto questo, e altro ancora, il secondo romanzo della settempedana Marta Zura-Puntaroni, “Noi non abbiamo colpa”. Un libro che fa il paio con il precedente successo del 2017 della giovane scrittrice settempedana, “Grande Era Onirica”.

Se il primo romanzo era ispirato alla sua “fuga” da San Severino, alla vita universitaria a Siena, alla trovata autonomia, le nuove amicizie, i nuovi legami, la propria crescita personale, tra timori, gioie e dolori, insomma la propria maturità plasmatasi anche dagli errori, in questo secondo lavoro letterario – ancora più autobiografico del precedente – l’autrice compie un ritorno al paese. Non è, però, un tornare indietro. Piuttosto una ricognizione del presente, con continui sguardi al passato, quando la nonna era nel pieno delle proprie forze, autoritaria, ma anche amorevole e protettiva nei confronti della nipotina: “Quando tornavo a casa dalle scuole materne, nel pomeriggio invernale, lei seduta davanti al fuoco mi aspettava con le braccia spalancate… Gettarsi su di lei, sedersi su di lei… Nonna, raccontami la storia del Gatto Mamone”. È questo uno dei tanti ricordi che Marta, autrice, protagonista e voce narrante, ha di sua nonna Carlantonia, ora malata di Alzheimer. 

E poi c’è Antea, figlia di Carlantonia e madre di Marta, che si tormenta nel vedere sua madre in quelle condizioni: “Mi manda fuori di testa…” dice alla figlia, raccontandole di come l’anziana tenti continuamente di scappare dal letto. Vorrebbe ricoverarla in una casa di riposo, ma non ha il coraggio. Però non può neanche accudirla come vorrebbe, perché ha il suo lavoro di dentista e quindi l’affida a delle badanti. 

Marta prende coscienza di come i ruoli si invertano: prima i figli hanno bisogno dei genitori, poi sono i genitori ad avere bisogno dei figli e riflette: “Mia madre mi guarda e pensa a quando lei sarà come mia nonna, a quando avrà bisogno di una schiera di sconosciute pagate per badare a lei, a quando sarà un’enorme spesa che forse io, nata in un periodo economicamente più instabile, non sarò in grado di sostenere a lungo…”.

Chi conosce San Severino, e magari anche la famiglia Zura-Puntaroni, leggendo il romanzo crederà di leggere un articolo di cronaca: non solo perché le protagoniste e altri loro parenti presenti nel romanzo sono indicati con i veri nomi, ma anche perché tra le pagine si ritrovano reali luoghi della città: il quartiere Fontenova, la frazione Taccoli, la discoteca Il Faro, il campo di motocross ed altro ancora.

Lo scorso mese di settembre il romanzo si è aggiudicato ad Asolo il premio “Segafredo Zanetti” quale miglior libro per il cinema.

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 49 del 25 dicembre 2021)


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