San Severino. L’abbattimento del chiosco dei giardini fa torto alla storia della città.


© Gli allarmi, le proteste, le petizioni non sono serviti a niente. Il chiosco all’interno dei giardini pubblici “Giuseppe Coletti” di San Severino Marche è stato abbattuto, pare per lasciare spazio alla costruzione di un ampio e moderno bar-ristorante. Era stato costruito una sessantina di anni fa e per diverse generazioni di settempedani, giovani e meno giovani, è stato un punto di ritrovo durante i mesi della bella stagione. Un punto di aggregazione dove poter consumare una bibita, ascoltare le canzoni dal jukebox e, nelle sere d’estate, ballare sulla piccola pista che era stata realizzata lì accanto, ora ugualmente eliminata. Per le tante mamme che portavano i loro bambini a trascorrere qualche ora nel bel polmone verde al centro della città, il baretto rappresentava anche l’opportunità di comprare un gelato, così come per molti anziani potersi dissetare per vincere la calura estiva.

Ora tutto questo resta solo nei ricordi di chi ha frequentato quel piccolo chiosco negli anni. Si sarebbe potuto ampliare la struttura sul retro, senza modificare – e tantomeno abbattere – la caratteristica parte frontale, come proposto dall’architetto Luca Maria Cristini nel suo articolo pubblicato su questo settimanale (vedi Orizzonti della Marca n. 16 del 24 aprile 2021) subito dopo che in città si era venuto a sapere del progetto approvato dal comune. 

Il chiosco era stato costruito dall’amministrazione comunale nei primi anni Sessanta su progetto dell’ingegner Luciano Cona, che – come ha scritto Cristini – aveva brillantemente saputo “fondere e contaminare elementi strutturali moderni con le tecniche costruttive antiche (….) secondo un codice progettuale razionalista”, richiamando per molti aspetti, sia estetici, che strutturali, movimenti artistici del primo Novecento e l’opera di illustri architetti del secolo scorso. Insomma, il chiosco rappresentava anche una testimonianza di tecniche costruttive e architettoniche che meritava di essere conservata.

Invece niente, in poche ore una pinza meccanica installata sopra un escavatore ha fatto piazza pulita di una piccola parte della San Severino che fu.

Una petizione al comune affinché salvaguardasse quel manufatto era stata sottoscritta da oltre cinquecento cittadini, che non hanno mai ricevuto risposta, in quanto evidentemente considerati tanti “rompiscatole”.

A loro consolazione possiamo dire che in questa veste si si possono considerare eredi ideali di due personaggi di tutto rispetto: Tonino Guerra, che nella sua Romagna è stato a lungo un “piantagrane”, spesso ascoltato, per la salvaguardia di panorami, monumenti e centri storici della sua terra e di un altro “rompiscatole” – invece inascoltato proprio nella sua San Severino – come il giornalista, critico letterario e germanista Giorgio Zampa.

Proprio Zampa, su Il Giornale del 17 settembre 1989, in un articolo intitolato “Guerra «santa» di Tonino”, nel quale lodava le battaglie del suo amico romagnolo, finiva per lamentarsi di vari scempi che lui aveva dovuto osservare nella sua San Severino.  

“Nella cittadina in cui sono nato – scriveva Zampa oltre trent’anni fa – ne hanno combinate di ogni specie, tra indifferenza e compiacimento, secondo il principio che il ricovero per la macchina, cementato e provvisto di saracinesca, vale lo squarcio di un muro patinato da secoli; che una scala in pietra di gesso modellata e lustrata da generazioni può essere demolita per fare posto ad una rampa con corrimano in lega d’alluminio; che uno sporto ottocentesco, sotto il loggiato del municipio, può essere eliminato in poche ore e sostituito da una «luce» insolente, che violenta lo spazio circostante”. Più avanti, nello stesso articolo, Zampa denunciava la distruzione di interi quartieri, “tra cui uno gotico, stupendo, nel suo genere forse unico in Italia, intatto fino al ’45. Lo stesso è accaduto, l’anno passato (siamo nel 1988 n.d.r.), a un nucleo, forse ancora più antico, cuore del cuore della città”.

Come si vede più che il tempo è la mano dell’uomo a cancellare il passato, quasi sempre per assecondare una vacua modernità. A San Severino, città d’arte, probabilmente sono stati fatti molti torti alla sua storia e l’abbattimento del chiosco dei giardini pubblici forse non è il più grave. Chi potrà dire se sarà almeno l’ultimo? 

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

Nella foto: Un primo disegno progettuale dell’ing. Luciano Cona (anno 1958)

(Articolo pubblicato sul settimanale Orizzonti della Marca n. 36 del 25 settembre 2021)


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