Quando un carcere inagibile tira su la qualità della vita...

© Sono ormai alcuni decenni che ogni fine anno i due maggiori quotidiani economici nazionali “fotografano” l’indice della qualità della vita nelle province italiane. Ma tutti noi ci riconosciamo nella fotografia che Il Sole 24 Ore e Italia Oggi ci presentano? Ci si possono riconoscere coloro che misurano il proprio benessere con il conto in banca e una vita volutamente frenetica e contestualmente anche coloro che badano più al benessere derivante da una serenità interiore e dalla tranquillità del luogo di dimora?  Direi proprio di no. Per misurare la qualità della vita ognuno di noi ha un parametro che si proietta nel proprio modo di essere e di pensare.

Quel buon numero – ad esempio – di inglesi, olandesi e tedeschi che hanno abbandonato le loro città per venire a vivere in case immerse nel verde della campagna tra San Ginesio e Sarnano o in altre piccole realtà del nostro entroterra non hanno certo consultato le classifiche dei giornali, ma hanno valutato il contatto con la natura, l’ambiente salubre, la buona cucina, la vita semplice perfettamente conciliabile anche con i bisogni culturali di ciascuno. Il loro “metro” per misurare la qualità della vita è sicuramente diverso da quello usato da chi, al contrario, decide il lasciare il piccolo paese per vivere nelle metropoli.

Occorre riconoscere, tuttavia, che sia il piccolo centro, sia la grande città presentano aspetti attrattivi e aspetti che allontanano, opportunità e disagi. Ognuno attribuisce ad essi un peso diverso, facendo pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Ecco quindi che l’indice della qualità della vita è sempre molto soggettivo.

Non bisogna nascondere, però, che può esserci anche un indice “oggettivo”, basato su elementi che tutti giudicano tra gli aspetti negativi (criminalità diffusa, inquinamento atmosferico, mancanza di servizi essenziali) o positivi (una burocrazia snella e non oppressiva, una giustizia veloce ed efficace, servizi scolastici e sanitari ben dislocati sul territorio). A questo indice più oggettivo possibile tendono le indagini che i due quotidiani sopra menzionati ci offrono ogni anno a dicembre.

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Quest’anno l’indagine di Italia Oggi pone la provincia di Macerata al 22° posto della graduatoria (prima delle Marche), mentre Il Sole 24 Ore la indica al 51° gradino, ovvero a metà della classifica generale e anche a metà della classifica delle province marchigiane: Macerata è terza, preceduta da Ancona e Ascoli Piceno e seguita da Pesaro e Fermo. Entrambe le indagini concordano nel retrocedere la provincia di Macerata rispetto all’indice di un anno fa: undici posizioni in meno per Italia Oggi e ben ventuno in meno per Il Sole 24 ore. Come mai?

La non semplice lettura delle tantissime tabelle, corrispondenti ad altrettanti indici (100 per Italia Oggi, 90 per Il Sole 24 ore), fa scoprire che le due indagini hanno preso come base indici non proprio corrispondenti. Indici che sono stati raggruppati in gruppi tematici (nove per Italia Oggi e sei per Il Sole 24 ore) e anche questi, che possiamo considerare delle sotto-classifiche, non sono esattamente sovrapponibili. Inoltre, le banche dati da cui sono state attinte le informazioni provengono da molteplici istituzioni (non solo l’Istat) ed hanno riferimenti temporali diversi; la maggior parte fanno riferimento al 2020, alcune al primo semestre di quest’anno e alcune al 2019. 

Ciò che più difficilmente si spiega è come mai la nostra provincia sia arretrata nella classifica generale quando invece risulta aver migliorato la posizione nella maggior parte delle diverse aggregazioni di indicatori. Una possibile risposta è che la variazione di un determinato indicatore da un anno all’altro, pur se modesta in valore assoluto, finisce per avere un peso molto maggiore (sia in negativo, sia in positivo) su una piccola provincia, rispetto ad una provincia metropolitana. 

Italia Oggi, ad esempio, dà in calo l’indice maceratese solo in due sotto-classifiche su nove: istruzione (dal 38° posto del 2020 al 48° di quest’anno) e sicurezza sociale (dal 7° al 74°). In quest’ultimo gruppo pesano enormemente i pochi reati a sfondo sessuale (sette in tutto) registrati nell’ultima rilevazione, rispetto a nessun reato della precedente indagine. Altrettanto si può dire per il numero dei casi di Covid, che pone Macerata tra le più colpite, mentre Bergamo – notoriamente una delle province più flagellate dalla pandemia – risulta con una incidenza minore nel relativo indicatore. Ma il caso più eclatante lo si può riscontrare in senso inverso nell’indagine de Il Sole 24 Ore, dove la provincia di Macerata – pesantemente declassata nella graduatoria generale (dal 30° al 51° posto) – ha ricevuto “promozioni” in quattro sezioni su sei dell’indagine: “ricchezza e consumi” (dal 67° al 60° posto), “affari e lavoro” (dal 62° al 44°), “demografia, società e salute” (dal 45° al 37°), “ambiente e servizi”. Qui il balzo in avanti è di ben quarantasei posizioni, dal 56° posto del 2020 al 10° di quest’anno. Ebbene in questa categoria il “peso” (positivo) più eclatante Macerata lo riceve dall’indicatore “affollamento istituti di pena”, dove è prima in graduatoria, ovviamente per minor affollamento. L’algoritmo che ha elaborato la classifica non ha tenuto conto che il carcere di Camerino (unico in provincia) è sì presente sulla carta, ma è inagibile da cinque anni e quindi non ospita alcun detenuto. 

Tutto questo ci può consolare almeno su un aspetto: che l’intelligenza artificiale degli elaboratori elettronici di dati non potrà mai sostituire l’intelligenza umana.

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MACA n. 49 del 25 dicembre 2021)

 

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