Tullio Colsalvatico e lo spirito della terra marchigiana.
© “…Se percorrendo l’Europa, più italiano divento, più percorro l’Italia, più divento marchigiano”. Con queste parole, che fanno tornare alla mente quanto aveva scritto alcuni anni prima Guido Piovene a proposito del paesaggio marchigiano, nel 1961 il poeta e narratore Tullio Colsalvatico, alias Tullio Pascucci (Camporotondo di Fiastrone 1901 – Tolentino 1980) concludeva un suo breve saggio sulle Marche. Quel testo, andato presto esaurito, è stato pochi anni fa ristampato dall’Istituto internazionale di Studi Piceni “Bartolo da Sassoferrato” ed ha avuto ampia diffusione nei mesi scorsi nell’ambito delle iniziative promosse dal Circolo culturale “Colsalvatico” per ricordare il quarantesimo anniversario della morte dello scrittore. Iniziative che ora proseguono per i centoventi anni dalla nascita.
A sessant’anni dalla prima edizione, il saggio conserva intatto il senso vivido dell’amore profondo dell’autore per la sua terra e – come ha scritto Franco Maiolati – “costituisce una guida unica per conoscere il senso delle bellezze delle Marche, delle sue tradizioni, dei suoi personaggi”.
Rimasto sempre molto vicino alla cultura e alle tradizioni rurali della terra natia – anche quando viveva a Tolentino, amava rifugiarsi nella sua casa tra il verde di Vallinfante (Castelsantangelo sul Nera) – Colsalvatico magnifica la terra marchigiana con ricchezza di annotazioni storiche legate ad ambienti, paesi, personaggi. Il tutto – scrive nella premessa il curatore, Galliano Crinella – “con estrema e poetica leggerezza” ed anche un senso di profonda religiosità.
Non a caso il suo “raccontare” le Marche prende avvio la notte del 10 dicembre 1294 con la trasmigrazione della Casa di Nazareth sul colle di Loreto e nel descrivere il territorio lo paragona ad un altare (..il primo sole accende i Sibillini e, in fondo, il mare mormora come una folla); l’aia è la piazza di famiglia dei nostri contadini e la fisarmonica, che sta all’aia come l’organo alla chiesa, è la sua voce.
Le Marche – scrive Colsalvatico – non hanno grandi centri perché non ne hanno bisogno. Piccole città, ma grandi famiglie di pittori: i Salimbeni, i Sanzio, gli Zuccari, i Boccati, i Gentile, i De Magistris.
Nonostante le Marche siano rimaste mute ed estranee al mondo, Colsavatico ricorda come questa terra sia la regione del cantore del dolore (Leopardi) e del cantore della gioia (Rossini) e abbiano dato grandi uomini in tutti i campi, a cominciare da Raffaello, uno dei pochi – con Dante, Michelangelo, Leonardo – che vanno per il mondo col solo nome: e quando si dice il loro nome, si dice Italia!
Il volumetto è corredato da dodici riproduzioni di altrettante opere pittoriche dell’artista Francesco Garofoli dedicate al paesaggio marchigiano.
© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca
(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 25 del 26 giugno 2021)
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