Mario Mattòli, il tolentinate che ha fatto nascere il cinema comico italiano.



© A Tolentino, in fondo a viale XXX giugno, c’è una grande insegna gialla con scritto “OffiCine Mattòli”. È la sede di una scuola di formazione cinematografica, dove da una decina d’anni si svolgono corsi e seminari sui mestieri legati al cinema, nonché produzioni audiovisive. 

Probabilmente a Tolentino le generazioni più giovani non sanno che quel nome, Mattòli, sta a richiamare una delle glorie della città. Difficilmente i giovani guardano oggi i film di Totò in bianco e nero che di tanto in tanto alcune reti televisive ripropongono, spesso in orari proibitivi. All’inizio di molti di quei film il nome di Mario Mattòli compare a caratteri cubitali sotto la voce “regia di”.  

Il tolentinate Mattòli, infatti, è stato uno dei protagonisti del cinema italiano dagli anni Trenta agli anni Sessanta del secolo scorso, dirigendo ben 84 film, tra cui molte famose pellicole che hanno avuto per protagonista il celebre Totò: “Il due orfanelli”, “Fifa e arena”, “Totò Tarzan”, “Totò sceicco”, “Un turco napoletano”, “Miseria e nobiltà”, “Il medico dei pazzi”, “Totò, Peppino e le fanatiche”, “Signori di nasce”, “Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi” ed altri ancora, tra cui uno, in particolare, di cui parleremo più avanti. 

Del “principe” Antonio de Curtis, il nostro Mario Mattòli era coetaneo. Come Totò, infatti, Mattoli era nato nel 1898. I suoi avi erano originari dell’Umbria, esattamente di Bevagna, ma suo padre, Aristide Mattòli, si era trasferito da giovane a Tolentino per esercitare la professione di medico chirurgo presso l’ospedale cittadino. 

Il mondo del cinema non era probabilmente nei sogni giovanili di Mario Mattòli, che vi fa ingresso in due momenti diversi, quasi come ripiego ad avversità contingenti. Laureatosi in giurisprudenza, si avvia subito alla professione forense, che però lascia dopo pochi anni. È lui stesso a raccontare l’episodio in una intervista riportata dal critico cinematografico Stefano Della Casa nel libro (“Mattòli”, Il Castoro cinema, Firenze 1990). “Smisi di fare l’avvocato – raccontava il regista tolentinate – perché avevo un difetto: avevo sempre molta simpatia per l’avversario e quando leggevo gli atti degli avvocati avversari trovavo che avevano molta ragione, mentre gli accusati che dovevo difendere non funzionavano”.

Smessa la toga, Mario Mattoli trova impiego a Milano presso una delle più importanti imprese teatrali, Suvini-Zerboni. Dopo alcuni entra nella ditta in qualità di socio. Teatro di prosa, avanspettacolo e cinema sono i tre settori di cui Mattòli si interessa, vivendo a stretto contatto con registi, autori e sceneggiatori. Apprende il mestiere e si sposa con l’attrice Mity Mignone.

Il debutto nella regia cinematografica avviene nel 1934 con il film “Tempo massimo”, che vede come interpreti un giovane Vittorio De Sica ed una giovanissima Anna Magnani. Anche in questo caso è un fatto contingente a portarlo dietro la macchina da presa. Carlo Bragaglia, regista designato per quel film, rinuncia tre giorni prima dell’inizio delle riprese. Per non perdere tempo e denaro, Mattoli, che è anche produttore, assume su di sé la regia. Sarà la prima di una lunga serie, caratterizzata dal quel genere degli anni ’30-’40 chiamato “dei telefoni bianchi”, con soggetti cinematografici ambientati principalmente nei ceti borghesi e piccoli borghesi. Tra i film del periodo precedente la seconda guerra mondiale, figurano: “Sette giorni all’altro mondo” (cinquant’anni più tardi questo film sarà di ispirazione al quasi-remake “Sette chili in sette giorni” con Carlo Verdone e Renato Pozzetto); “La damigella di Bard”, con Emma Grammatica; “Questi ragazzi”, con Vittorio De Sica; “L’ha fatto una signora”, con Alida Valli; “La dama bianca”, con Elsa Merlini; “Imputato alzatevi!” con Macario. Nel 1941 realizza uno dei film più apprezzati dalla critica, “Ore 9, lezione di chimica”, con Alida Valli e Carlo Campanini, che viene presentato alla Mostra del cinema di Venezia, dove l’anno successivo sarà proiettato “I tre aquilotti”, film in cui recita anche un giovanissimo Alberto Sordi.

Altrettanto prolifica l’attività cinematografica di Mario Mattòli nel dopoguerra. Questo periodo si apre con uno dei suoi film più famosi, “Assunta Spina”, con Anna Magnani ed Eduardo De Filippo. Poi tanti film con Totò tra i quali ce n’è uno in cui il regista tolentinate collabora con il camerinese Mario Pelosi. È “Totò terzo uomo” del 1951, prodotto da Carlo Ponti e Luigi De Laurentiis. Mario Pelosi è l’autore del soggetto cinematografico e coautore, con Marcello Marchesi, Age e Scarpelli, della sceneggiatura. La storia ruota attorno al progetto di costruzione di un carcere in un piccolo centro di provincia (Camerino?) dove vivono due fratelli gemelli: uno è l’integerrimo sindaco del paese, l’altro – proprietario del terreno su sui deve sorgere l’opera – è uno sfaccendato donnaiolo.  Totò interpretata il terzo uomo che tenta una doppia truffa ai danni di entrambi i fratelli. Nel cast figurano anche Aroldo Tieri, Aldo Giuffrè, Bice Valori, Carlo Campanini.

Seguono negli anni molti altri film di successo: “Cinque poveri in automobile”, con Eduardo e Titina De Filippo, Aldo Fabrizi, Isa Barzizza, Walter Chiari, Arnoldo Foà, Raimondo Vianello, Mario Pisu; “Siamo tutti inquilini”, con Peppino De Filippo e Aldo Fabrizi; “Due notti con Cleopatra”, con Sofia Loren e Alberto Sordi (scenografia di Ettore Scola e musiche di Armando Trovajoli); “Le diciottenni”, con Marisa Allasio, Virna Lisi, Ave Ninchi, Rina Morelli; “I giorni più belli”, con Emma grammatica, Antonella Lualdi, Franco Interlenghi, Valeria Moriconi; “Tipi da spiaggia”, con Ugo Tognazzi, Lauretta Masiero, Johnny Dorelli; “Appuntamento ad Ischia” (film musicale) con Domenico Modugno e Mina. Quest’ultima presente anche in “Appuntamento in riviera”, con Tony Renis. 

Mattòli negli ultimi anni dirige anche la coppia comica Franco Franchi e Ciccio Ingrassia in “Obiettivo ragazze raggiunto stop. Missione compiuta”, nonché Sylva Koscina e Sandra Mondaini in “Cadavere per signora”. L’ultimo dei suoi 84 film lo gira nel 1966: “Per qualche dollaro in meno” (parodia di un famoso film western dell’anno precedente) in cui recitano Lando Buzzanca, Elio Pandolfi, Valeria Ciangottini, Angela Luce, Raimondo Vianello e i cantanti Tony Renis e Gloria Paul.

Ritiratosi dalla regia, Mattòli non abbandona del tutto il mondo dello spettacolo. Negli anni Settanta è spesso presente come ospite ad eventi e trasmissioni televisive. Muore a Roma il 26 febbraio 1980.

Gran parte della critica riconosce a Mario Mattòli di aver introdotto in Italia il genere comico moderno, superando nel cinema la tradizionale commedia di tipo teatrale. Per fare questo egli si era avvalso, a partire dagli anni Cinquanta, di una nutrita schiera di autori e sceneggiatori individuati quasi tutti nell’ambito del giornalismo satirico, tra cui Steno (Stefano Vanzina), Marcello Marchesi, Giovannino Guareschi.

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 21 del 29 maggio 2021)


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