"Alla scoperta delle antiche vie della Cina". Il libro di Marco Meccarelli.
© A sessant’anni dal primo uomo in orbita nello spazio già si parla di “space economy” quale terreno di competizione tra le superpotenze. L’inserimento della Cina in questa “concorrenza” viene enunciato come “La via della seta nello spazio”. Una definizione che unisce il peso ricoperto oggi dal grande Paese asiatico nell’economia mondiale con il ruolo esercitato in passato. Per comprendere meglio la Cina di ieri in funzione della superpotenza di oggi è di valido aiuto un recente libro, “Le antiche vie della Cina” (Manfredi editore, pp. 302, euro 30), del tolentinate Marco Meccarelli, docente presso le università di Catania, Macerata e Urbino, dove tiene corsi di Arte, storia e cultura cinese, materie per le quali ha conseguito un dottorato di ricerca alla Sapienza di Roma, oltre a un diploma post lauream in Archeologia orientale. Meccarelli, autore anche di una monografia sulla “Storia della fotografia in Cina”, è un profondo conoscitore della civiltà cinese.
Professor Meccarelli, nel 1971 Henry Kissinger definì la Cina “terra bellissima e misteriosa”. Quanto di misterioso c’è oggi?
L’Oriente ha da sempre generato il fascino dell’esotico non scevro da stereotipi e luoghi comuni difficili da sradicare. Oggi, però, abbiamo il dovere di sfatare i falsi miti non solo per conoscere la vera Cina, ma soprattutto per capire noi stessi.
Delle diverse “vie” (seta, tè, giada, bronzo, lacca, porcellana) con le quali la Cina si è relazionata al mondo, quali hanno maggiormente influenzato l’area mediterranea?
Sicuramente la via terrestre della seta sin dall’antichità romana e le vie della porcellana e della lacca dal XVII secolo. Nel libro ho cercato di rintracciare le principali testimonianze archeologiche ed artistiche cinesi, soprattutto per riflettere sull’importanza che ha avuto l’ininterrotta trasmissione della cultura materiale quale base evolutiva di tutte le civiltà. Le impervie Vie hanno permesso la nascita di una sorta di «globalizzazione» ante litteram del mondo antico, con aspetti e conflittualità non del tutto differenti dalla globalizzazione attuale.
È possibile fare un bilancio di reciproche “influenze” culturali tra Cina e Occidente?
Il rituale laico del “tè delle cinque” britannico, ad esempio, deriva dalla combinazione dell’utensile in porcellana unito all’infuso di tè, beni di lusso e prodotti esotici originari della Cina, trasmessi attraverso le antiche vie. Senza contare le grandi scoperte cinesi, come la carta, la polvere da sparo, la bussola ecc.., che hanno rivoluzionato gli equilibri geopolitici. Il contributo costante proveniente dalla Cina è stato incommensurabile, molto di più di quanto si possa pensare.
Il suo libro compie un approfondito excursus nell’arco di millenni. Possiamo intravedere un aspetto di attualità per l’oggi e per un prossimo futuro?
Credo non debba stupire più di tanto il progetto già avviato di quella che è conosciuta, non a caso, anche come la “Nuova via della seta”. Intensificando i rapporti diplomatici, commerciali e le infrastrutture tra Europa, Africa e Asia, la Cina sta adottando un’abile strategia per ricollocarsi al centro dello scacchiere mondiale, rievocando i fasti dell’antico Seres, il Paese della seta.
Anche il gesuita maceratese P. Matteo Ricci ripercorre queste vie. Quanto è stato importante per la Cina e quanto lo è oggi?
Durante i miei viaggi in Cina, mi è capitato spesso di parlare di Matteo Ricci, soprattutto del suo approccio estremamente diplomatico e culturalmente elevato, che lo hanno fatto appellare il “confuciano dell’Occidente”. Nel 2016, durante un incontro con 32 sinologi di tutto il mondo, le autorità accademiche cinesi menzionarono proprio Matteo Ricci quale simbolo iconico del dialogo interculturale per creare un ponte virtuale tra la Cina e il resto del mondo. I colleghi stranieri si voltarono verso di me e mi sentii particolarmente orgoglioso delle mie origini marchigiane. Oggi Macerata vanta un attivissimo Istituto Confucio che in qualche modo sta continuando l’opera inaugurata dal gesuita maceratese.
Si può dire altrettanto per l’orientalista Giuseppe Tucci?
Tucci rimane una figura di primissimo piano per quanto concerne gli studi sulla Cina, ma soprattutto sul Tibet e sull’Asia in generale. L’operato di Matteo Ricci e Giuseppe Tucci testimonia quanto le Marche abbiano contribuito alla conoscenza non solamente della Cina ma di gran parte dell’Oriente.
© Alessandro Feliziani /QN Il Resto del Carlino
(Intervista pubblicata sul quotidiano Il Resto del Carlino, edizione Macerata, il 15 aprile 2021)
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