Opere di Tullio Crali donate al MART ritornano alle eredi maceratesi.

T. Crali, Incuneandosi nell’abitato, 1939


© “Incuneandosi nell'abitato”, olio su tela del 1939, è il suo dipinto più famoso, esposto anche in anni recenti nelle più importanti mostre sul Futurismo che si sono tenute in Italia e all’estero. L’opera era stata donata dall’autore, Tullio Crali, insieme ad una quarantina di altri suoi lavori, in prevalenza dipinti, al “Mart”, il Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, che ora però dovrà restituire l’intera donazione alle eredi maceratesi dell’artista.

Con una sentenza depositata il 21 dicembre scorso, infatti, il Tribunale di Milano (quarta sezione civile) ha riconosciuto il Mart inadempiente rispetto agli oneri posti dall’artista nell’atto di donazione, disponendo così la restituzione di tutte le opere alla famiglia Crali.

La vicenda giudiziaria era iniziata nel 2009, ma la controversia con il museo trentino aveva preso le mosse cinque o sei anni prima, quando il figlio dell’artista, Massimo Crali, geologo e ingegnere residente a Macerata, aveva iniziato ad invitare i dirigenti dell’istituzione museale ad attivarsi per rispettare le volontà di suo padre.

Nell’aprile del 2000 – pochi mesi prima di morire – Tullio Crali aveva stilato a Milano un atto di donazione al Mart di un cospicuo numero di opere, con l’obbligo di esporle. Lo scopo era quello di non disperderle e di affidarle permanentemente ad una istituzione in grado di renderle fruibili ad un vasto pubblico. Aveva scelto il museo trentino, sia per l’importanza che tale istituzione riveste nel panorama dell’arte moderna e contemporanea, sia perché il Mart era già proprietario di numerose altre sue opere, molte delle quali esposte proprio a Rovereto nel 1994 in occasione di una mostra personale. 

“Il Museo – ricorda oggi la nuora dell’artista – prima della stipula dell’atto si era mostrato molto interessato alla donazione. Mio suocero era stato espressamente invitato a donare parte delle sue opere ed erano state ipotizzate anche le possibili dislocazioni delle opere stesse in due precise sale della sede principale del Mart, situata a Rovereto in Corso Bettini e nello spazio espositivo della vicina Casa Depero. Alcune clausole, espressamente inserite da Tullio Crali nell’atto di donazione, obbligavano il museo a tenere le opere esposte presso i propri locali e a valorizzarle mediante esposizioni e mostre in Italia e all'estero. Salvo poche opere utilizzate in occasioni di mostre temporanee al Mart e del dipinto ‘Incuneandosi nell'abitato’, dato in prestito per alcune esposizioni, il resto della donazione è rimasto però in tutti questi anni ben custodito nel caveau”. 

Dopo la morte di Massimo Crali, avvenuta nel 2008 e di sua madre, scomparsa l’anno successivo, la nuora e le tre nipoti dell’artista, riscontrando la totale chiusura da parte del Museo anche a riconsiderare le loro richieste, volte a dare esecuzione alle clausole modali della donazione, si sono rivolte al Tribunale con l’assistenza dello studio legale perugino Leonelli, Duranti & Associati. 

Dopo aver dimostrato che le opere donate da Tullio Crali erano rimaste per tutto il tempo non accessibili al pubblico, le eredi hanno ottenuto dalla magistratura milanese la dichiarazione di risoluzione della donazione per “inadempimento del Mart” e la condanna del museo stesso alla restituzione in loro favore di quanto era stato donato dall’artista.

“Abbiamo condotto questa battaglia legale – ha dichiarato Anna Crali a Cronache maceratesi – per far sì che tutti possano godere di capolavori di un artista che ha dato molto all’arte italiana e al Futurismo”.

Benché la sentenza sia stata depositata appena quattro giorni prima di Natale, la notizia si è rapidamente diffusa negli ambienti artistici internazionali e “già alcune istituzioni museali – ha riferito la signora Anna – hanno richiesto la disponibilità delle opere per farne oggetto di esposizione permanente e renderle così fruibili per il pubblico in modo continuativo”.   

Tullio Crali, nasce nel 1910 in Dalmazia e trascorre la giovinezza a Gorizia, dove scopre il Futurismo, diventando uno dei principali esponenti della cosiddetta “aeropittura”, la corrente artistica degli anni Trenta ispirata dall’entusiasmo per il volo, il dinamismo e la velocità dell'aeroplano. Per ragioni militari giunge a Macerata durante la seconda guerra mondiale e abita con la moglie Adolfina in una casa di corso Cairoli (dove oggi c’è l’Archivio di Stato).  Rientrato in Friuli, dopo pochi anni parte per Parigi. Qui rimane per quasi un decennio, quindi dal 1960 al 1967 si sposta in Egitto per assumere la direzione della sezione pittura della Scuola d’arte italiana al Cairo. 

Tornato nel 1968 in Italia, “riprende con vigore il suo impegno futurista” e si stabilisce a Milano, dove continua la sua cospicua produzione artistica. Tra le mete dei suoi spostamenti c’è anche Macerata, a casa del figlio Massimo, sposatosi con una giovane maceratese.

Veniva sempre volentieri a Macerata – ricorda oggi sua nuora – non solo perché qui aveva abitato, ma anche per un ideale collegamento con altri artisti maceratesi del movimento futurista che aveva conosciuto o con i quali si era relazionato, in particolare Ivo Pannaggi, del quale aveva grande stima. È stato così quasi naturale, che alla sua morte Macerata diventasse il luogo della propria “dimora eterna”. Tullio Crali ora riposa, infatti, nel cimitero cittadino, dove sono sepolti anche la moglie e il figlio Massimo.

Con la scomparsa, avvenuta il 5 maggio 2000, la notorietà artistica di Tullio Crali non si è spenta. Anzi, essa è aumentata in questi anni, tanto che il suo nome è presente in tutti i maggiori studi critici sul ‘Secondo Futurismo’ e le sue opere sono richieste ed esposte nelle più importanti mostre dedicate a tale movimento che per Crali “è stato non solo uno stile, ma anche e soprattutto un modo d’essere e di vivere”.

Per fare solo un esempio della centralità di Tullio Crali nell’arte futurista, basti ricordare la mostra “Italian Futurism 1909-1944” allestita a New York nel 2014 dal museo Guggenheim. Una delle opere di Crali esposte nell’occasione, “Prima che si apra il paracadute” (1939), di proprietà del Museo Cavazzini di Udine, è stata scelta per la copertina del catalogo e consacrata così tra le icone della “Aeropittura”.

Tempo fa, proprio su questo giornale online, Giancarlo Liuti, in un articolo sul Futurismo a Macerata, nel ricordare la presenza di opere dell’artista alla mostra di Forlì sul Novecento italiano, concludeva con un appello: che Macerata non dimentichi Tullio Crali. Ebbene, la sentenza dei giorni scorsi del Tribunale di Milano può costituire un presupposto affinché la città di Macerata benefici di tale patrimonio artistico e, attraverso le proprie istituzioni museali, possa concretamente far “rivivere” le opere di Crali, a cominciare da quel dipinto del 1939, “Incuneandosi nell'abitato”, che tutti vorrebbero avere.

© Alessandro Feliziani / Cronache Maceratesi.it

(Articolo pubblicato il 28 dicembre 2015 sul giornale online cronachemaceratesi.it)

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