Nel design si concretizza la cultura.

Charles e Ray Eames


© Da più di sessant’anni migliaia di persone al mondo trovano un confortevole momento di relax abbandonandosi in un accogliente “guantone da baseball”. Non proprio quello che i giocatori usano nella fase difensiva del famoso sport particolarmente diffuso negli Stati Uniti d’America, ma in quella comoda poltrona in pelle che – come il guantone da baseball, necessario a bloccare la palla lanciata a 90 miglia orarie, senza provocare danni per la mano – presenta non solo la necessaria ampiezza, ma anche robustezza e morbidezza, leggerezza e flessibilità: la Lounge Chair. Una iconica poltrona, capace di distinguersi nel living di ogni casa e da sempre uno dei classici più famosi di Vitra, azienda svizzera (con sede Birsfelden), produttrice di mobili e complementi d’arredo, nata in Germania (a Weil am Rhein) proprio settant’anni fa.

Charles Eames (1907 – 1978) e sua moglie, Ray Kaiser (1912 – 1988) si dedicarono alla progettazione della Lounge Chair, attraverso un processo durato parecchi anni. L’idea di partenza era di realizzare una versione moderna della vecchia sedia da club inglese. L’obiettivo era soddisfare il desiderio di costruire una seduta più ampia di proporzioni che unisse massimo confort a materiali e artigianalità di alto livello. Trovarono ispirazione proprio in un guantone da baseball e quando nel 1956 venne proposta, il design di questa seduta di Charles e Ray Eames fissò nuovi standard nella produzione di poltrone: non soltanto più leggera, più elegante e più moderna della voluminosa sedia da club convenzionale, ma anche più comoda. Grazie a queste qualità, la Lounge Chair divenne subito uno dei più famosi pezzi di design di Charles e Ray Eames. Un classico nella storia moderna del mobile. Una poltrona che si distingue per tanti dettagli e che proprio per questo assume quella identità capace di farla vivere oltre il proprio tempo. D’altronde proprio Charles Eames amava ripetere: “I dettagli non sono dettagli. Fanno il prodotto” e questa è stata anche l’idea su cui è nata Vitra.

Il fondatore dell’azienda, Willi Fehlbaum, era proprietario di un negozio di mobili di Basilea e durante un viaggio negli Stati Uniti d’America “scoprì” le sedie progettate da Charles e Ray Eames. I due designer si erano uniti nella vita nel 1941. La loro fu un’unione che metteva insieme due menti diverse ma complementari, in grado di rappresentare congiuntamente due lati fondamentali del design e di ogni progetto: l’attenzione alle nuove tecnologie e alla sperimentazione, particolarmente forti in Charles; la curiosità per l’arte e la sensibilità al decoro, assai sviluppate in Ray.  

Fehlbaum fu talmente colpito dalle creazioni dei coniugi Eames che al ritorno in Europa maturò in lui la decisione di diventare un produttore di arredi. Poco tempo dopo conobbe personalmente la coppia di designer. Tra loro si instaurò una solida amicizia e poi una stretta collaborazione che, a partire dalla Lounge Chair, ha trovato un enorme riconoscimento e fortuna fino ai giorni nostri, anche grazie alla continua collaborazione e supporto reciproco con la Eames Foundation.

Ancora prima, nel 1950, Charles e Ray Eames avevano progettato la Plastic Chair. Si trattava di una delle primissime sedie in plastica prodotte industrialmente e da allora le Eames Plastic Chair prodotte da Vitra sono annoverate tra i più importanti mobili di design del XX secolo. 

Il concetto alla base di questa ormai leggendaria sedia in plastica nacque nel 1948 in occasione del concorso “Low-Cost Furniture Design”, organizzato dal Museum of Modern Art. A quell’epoca l’utilizzo della fibra di vetro a modellazione organica rivoluzionò la fabbricazione dei mobili, portando nel 1951 alla nascita della prima sedia in plastica al mondo prodotta in serie. La “famiglia” di prodotti allora progettata da Charles e Ray Eames, l’Eames Plastic Group, rimane tuttora un modello di riferimento per innumerevoli moderne sedie di design.

Un ulteriore motivo alla base del successo è dato dalla gamma pressoché infinita di possibili variabili. Oltre alla scocca della seduta di forma organica, con e senza braccioli, la varietà di basi in materiali differenti rende questa sedia adatta a qualsiasi ambiente: dal tavolo da pranzo al giardino.

L’oggetto iconico

Nel corso dei decenni Vitra ha fatto arrivare nelle case di tutto il mondo mobili e complementi d’arredo destinati a durare a lungo, non solo perché pensati e costruiti con materiali durevoli, ma soprattutto perché la loro estetica è frutto di una accurata ricerca e di profonda cultura. Anche il contesto sempre affascinante in cui il prodotto si sviluppa e viene realizzato contribuisce a dare alla sedia, alla poltrona, al divano o ad ogni altro prodotto di design, un “tocco di narrazione” che offre a chi lo acquista e a chi lo possiede una emozione in più, fino a creare un rapporto di “somiglianza”, di analogie ideali o parallelismi di sensazioni con il prodotto stesso. Ecco cosa fa di un oggetto un’icona.

Willi Fehlbaum lo aveva compreso quando era rimasto sedotto dalle sedute di Charles e Ray Eames. E per questo volle sin dall’inizio produrre con i maggiori designer di tutto il mondo, come George Nelson (1908-1986) dei cui progetti di mobili Vitra è ancora oggi l’unica azienda autorizzata a produrne per i mercati dell’Europa e del Medio Oriente. 

Tanti altri designer hanno lavorato e continuano a lavorare con l’azienda elvetica, sempre rimasta a conduzione familiare ed attualmente guidata dalla terza generazione nella persona di Nora Fehlbaum. Designer che, sapendo coniugare nuove tecnologie ad antichi saperi, hanno fatto, e molti continuano a fare, di ogni mobile Vitra un’icona dell’arredo. Tra loro, Alexander Girard, Jean Prové, Edward Barber & Jay Osgerby, i fratelli Ronan e Erwan Bouroullec ed altri ancora, come il danese Verner Panton che per Vitra ha realizzato un solo progetto, diventato subito icona, la Panton Chair. 

Ideata da Verner Panton nel 1960, questa sedia fu sviluppata per la produzione in serie in collaborazione con Vitra a partire dal 1967 ed è stata la prima sedia ad essere realizzata interamente con un unico foglio di plastica.‎ La comodità di questa sedia è il risultato della combinazione tra la struttura a sbalzo dal design antropomorfo e un materiale leggermente flessibile.‎ Può essere usata da sola o in gruppo ed è adatta per interni ed esterni.‎ La Panton Chair ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali di design ed è presente nelle collezioni di molti musei importanti.‎ La sua espressività l’ha resa un’icona del XX secolo.‎

La Panton Chair deve essere prodotta industrialmente con una scocca modellata su un pezzo unico e per arrivare a questo la sua realizzazione ha richiesto studi ulteriori in sede applicativa di continua interlocuzione tra il designer e i tecnici dell’azienda. Anche per questo essa è emblematica per capire la filosofia e il ruolo di Vitra nel settore della produzione di mobili e arredi. Willi Fehlbaum, così come successivamente suo figlio Rolf e ora l’ultima generazione, non sono solo i produttori che pensano agli affari e alla produzione, ma sono anche in grado di vedere le cose dal punto di vista del designer.  

La capacità di Vitra di identificarsi nel valore culturale di un progetto fa sì che molti designer abbiano una “seconda vita” nelle loro stesse creazioni, come ad esempio Isamu Noguchi (1908 – 1988). Del designer nippo-americano, infatti, l’azienda elvetica da una ventina d’anni produce una nuova edizione di un progetto che risale al 1944, il Coffee Table. Isamu Noguchi lo aveva definito il suo miglior mobile di design. Esso ricorda infatti le sculture biomorfe in bronzo e marmo realizzate dall’artista nello stesso periodo, traducendone le caratteristiche forme in uno scultoreo componente d’arredo.‎ Il top di Coffee Table, costituito da una robusta lastra di vetro (19 millimetri con bordi arrotondati), poggia su due elementi di legno identici, posizionati ad angolo retto.

Emozionare nel rispetto dei valori

Oltre ai classici intramontabili di Eames, Girard, Nelson e dello stesso Noguchi, Vitra lavora con designer contemporanei che possiedono, oltre le capacità creative, anche la lungimiranza di inserire nei loro progetti un messaggio che vada oltre il semplice disegno di prodotto e siano in grado di sviluppare soluzioni basate su loro analisi come risoluzione di un problema. Come ricordava spesso Charles Eames, infatti, il progettista deve limitare gli eccessi stilistici e la condizione primaria del design deve essere il “riconoscimento del bisogno".

Dal 1989, tra i principali collaboratori di Vitra c’è il designer inglese Jasper Morrison, paladino della sobrietà. Morrison ha coniato l’espressione “super normal” per identificare un “buon design” che sia soprattutto utile e responsabile. Laddove responsabilità significa anche sostenibilità.

Da tempo, ormai, le aziende vengono sempre più giudicate in base alla loro responsabilità ecologica, sociale ed economica. Ebbene, Vitra non vede questa responsabilità come un dovere che deve essere imposto all'azienda, ma piuttosto come uno degli aspetti propri del design, da sempre parte della cultura industriale dell'azienda stessa. 

L'approccio di Vitra alla sostenibilità si estrinseca innanzitutto con la longevità del prodotto. Lo stile di vita breve è evitato a tutti i costi. Alcuni dei mobili classici delle collezioni storiche di Vitra ne sono un esempio: passati per diversi proprietari, sono poi finiti nei musei come parte di collezioni permanenti. 

Per Vitra, la produzione di prodotti sostenibili significa un intenso sviluppo di pre-produzione, in cui vengono selezionati i materiali migliori e vengono effettuati test che simulino molti anni di utilizzo. I singoli componenti poi dovrebbero essere facilmente sostituibili e infine riciclati. I mobili sono preziosi quando la loro produzione, utilizzo e riciclaggio non danneggiano le persone e l'ambiente.

Arredi di design per ogni ambiente, anche il coffe shop

I cataloghi Vitra raccontano come è cambiato il modo di vivere nel corso degli anni e come questo è stato influenzato da varie culture. Il design non deve inseguire tendenze effimere, ma puntare sull’originalità per lasciare una traccia indelebile. Non esistono regole rigide e categoriche per arredare un ambiente: ogni casa, ogni ufficio, ogni hotel, ristorante, coffe-shop ha un proprio carattere, unico come quello delle persone che ci vivono, lavorano e semplicemente lo frequentano. Oggetti e mobili, colori e forme si accumulano nel tempo in base alle proprie preferenze personali e nuovi elementi si possono via via aggiungere. 

Il “Coffee Table” di Isamu Noguchi, ad esempio, è un tavolino in legno e vetro, molto basso progettato per essere posizionato davanti ad un divano e su cui servire caffè o altre bevande. Esso può arredare indistintamente il salotto di casa come la sala d’attesa di un hotel e magari l’angolo accanto al bar, dove i clienti possono comodamente sostare per incontrare un amico o un collega, o semplicemente in attesa di un meeting in programma in quel determinato hotel o solo per leggere in tranquillità un giornale o un libro.

Vitra, del resto, non ha investito idee solo per la casa. Negli anni, infatti, diversi designer di successo hanno progettato per l’azienda elvetica tavoli, sgabelli, sedie in vari materiali per interni ed esterni, anche per ambienti diversi dalla casa. Alcuni particolarmente adatti per i coffee shop.

L’arredamento di un coffe shop deve essere soprattutto funzionale alla propria mission, e tener conto del contesto: ubicazione, spazi disponibili, clientela di riferimento e, perché no, gusto del barista o del gestore.

Uno stile elegante non significa voler “selezionare” la clientela, semmai far sentire il cliente al centro dell’attenzione e “coccolato” da un ambiente accogliente dove trascorrere momenti piacevoli. 

Ovviamente l’arredo deve tener conto dei vari spazi: la zona bancone e l’ambiente con tavoli e sedie, che debbono essere sempre distinti, ma anche – quanto le dimensioni lo consentono – la zona soggiorno, più silenziosa e dove poter rimanere più a lungo e il dehors. Ognuno di questi spazi richiede un arredo diverso, particolare e funzionale alla sua destinazione, ma tutti uniti da uno stile che sarà anche lo stile del locale e del suo brand.

La particolarità dei cataloghi dei prestigiosi produttori di arredi di design – come Vitra - sono anche fonte di ispirazione per la vita, sia quella da trascorrere nella propria casa, sia per i momenti da far trascorrere alle persone sui luoghi di lavoro, negli hotels, nei locali di divertimento e, perché no, ai clienti nel proprio coffe shop. Spiegando il concept della propria azienda, Rolf Fehlbaum (figlio del fondatore di Vitra) ha detto una volta: “Il nostro lavoro si basa sulla convinzione che la vita quotidiana possieda un grande potenziale di ispirazione e appagamento estetico e che il design sia in grado di scoprire e sviluppare”. 

Dal  “Progetto Vitra” al “Vitra Campus”

Per questo, nel corso dei decenni i prodotti Vitra hanno assunto valori che vanno oltre l’essenza materiale del singolo mobile, tanto che a settanta anni dalla fondazione, si parla di “Progetto Vitra”. Una vera e propria filosofia aziendale iniziata negli anni Cinquanta e sviluppatasi nel tempo.

Si parla di progetto Vitra proprio perché le persone coinvolte lo considerano molto più di una semplice questione di business. Il costante lavoro di ricerca e progettazione si basa sulla convinzione che la vita di ogni giorno ha un grande potenziale di ispirazione e che il design può scoprirlo e svilupparlo. 

Il progetto Vitra si manifesta di conseguenza a diversi livelli: nei prodotti, nei concetti interni dell'azienda, nella sua architettura, nelle collezioni, nel museo, nei metodi di comunicazione e arriva di conseguenza alle persone che vivranno nelle case o nei luoghi di lavoro ed utilizzeranno i complementi di arredo che l’azienda produce.

Quello che abbiamo chiamato “Progetto Vitra”, va oltre il prodotto ed investe l’attività a tutto tondo dell’azienda e lo stesso complesso produttivo. 

Nel 1981 a seguito dell'incendio che distrusse gli stabilimenti, l'azienda commissionò all'architetto inglese Nicholas Grimshaw una nuova fabbrica che fu costruita in soli sei mesi. Accanto a questa, nel 1986 venne edificato un altro stabilimento di produzione progettato dall'architetto portoghese Alvaro Siza. 

In seguito alla costruzione dei primi edifici produttivi, nacque l’idea del “Vitra Campus”, un complesso di edifici con varie destinazioni d’uso, progettati da prestigiosi architetti. Così nel 1989 Frank Gehry concepì un altro edificio accanto ai primi due; lo stesso Gehry costruì anche il Vitra Design Museum, originariamente destinato ad ospitare la collezione privata di mobili di Rolf Fehlbaum, proprietario della Vitra. Nel 1993 Zaha Hadid aggiunse una caserma dei pompieri e nello stesso anno venne costruito un padiglione per conferenze progettato da Tadao Ando. 

Oggi il Vitra Campus, comprende diversi edifici tra cui la Vitra Haus, progettata da Herzog & de Meuron, realizzata tra il 2007 e il 2009, funge da flagship store di Vitra e ospita la Vitra Home Collection. Questa insolita e unica costruzione, composta da edifici sovrapposti che si incastrano, comprende oltre agli spazi adibiti a showroom, la caffetteria e lo shop al piano terra.

La straordinaria qualità delle strutture appositamente realizzate e il loro considerevole numero su quest’area relativamente ristretta hanno reso il Vitra Campus un’attrazione per gli appassionati di architettura di tutto il mondo.

Ed anche questo insieme eterogeneo di architetture contemporanee, oggi quartier generale dell’azienda, ci dimostra come design non significhi solo creare un prodotto, ma molto di più.

© Alessandro Feliziani / Espresso Ideas

(Articolo pubblicato sul periodico Espresso Ideas n. 23. Novembre 2020)


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