Il Palazzo ducale, crocevia della storia camerinese.
© Ogni città, piccola o grande che sia, ha un proprio luogo simbolo, che la identifica nell’immaginario collettivo. Per i suoi abitanti, però, tale “emblema” è spesso qualcosa di molto più profondo. È il luogo dove si intrecciano ricordi personali, episodi di via familiare o, più semplicemente sentimenti di appartenenza alla comunità locale. Il Palazzo Ducale di Camerino è per i camerti uno di questi luoghi del cuore. Non c’è abitante che non vi sia entrato almeno una volta, magari solo per attraversare il caratteristico ed austero Quadriportico, per poi affacciarsi sul vasto panorama retrostante. Da quando il terremoto lo ha reso inagibile, il Palazzo Ducale è probabilmente uno dei luoghi che ad ogni camerinese manca oggi di più.
Questa forzata “lontananza” dal Palazzo Ducale, rende emotivamente ancora più prezioso un volume edito di recente dall’università di Camerino. Il libro – pubblicato a cura di Fiorella Paino – riaccende una luce su una parte del palazzo che nessun contemporaneo ha mai potuto vedere e che – oggi che non c’è più – rappresenta, almeno sulla carta, anche pagine fondamentali della storia della città: la Sala Grande. È stata per secoli simbolo della vita familiare dei da Varano, andando poi “persa” a causa di due violenti terremoti a metà del XVIII secolo. A seguito dei lavori di ripristino, infatti, nel 1757 il grande salone fu eliminato per ricavarne diverse sale più piccole. Quelle conosciute da studenti e docenti dell’ateneo camerte come aule universitarie e che – si spera – possano presto tornare a svolgere tale loro funzione.
Il valore culturale del libro è rappresentato dall’aver dato organicità agli esiti delle ricerche archivistiche sulla Sala Grande di Palazzo Ducale e dalla possibilità di rendere conoscibili a molti gli stemmi che ornavano la fascia più alta delle quattro pareti della sala stessa, le cui immagini sono giunte fino a noi attraverso manoscritti, consultabili solo dagli studiosi.
Commissionati dal duca Giovanni Maria Varano, tali stemmi rappresentavano i 17 esponenti del casato e quelli delle rispettive consorti, ad iniziare da Gentile I. Altra particolarità riprodotta nel libro sono gli “Elogia”, già pubblicati molti anni fa da monsignor Angelo Antonio Bittarelli. Sono brevi iscrizioni in latino riferite ai singoli personaggi che erano dipinte sotto ad ogni stemma o coppia di stemmi. Di tutti gli esponenti della famiglia signorile dei da Varano, Fiorella Paino riporta essenziali e preziose note biografiche, così come Giuseppe De Rosa dedica il suo intervento a colui che è ritenuto “ispiratore” degli “Elogia”, l’umanista Varino Favorino.
Grazie alle moderne tecniche digitali, Roberta Camillucci ha ricostruito con immagini tridimensionali la Sala Grande, così come la videro gli ospiti di Giovanni Maria Varano e di sua moglie Caterina Cybo. Matteo Mazzalupi si è soffermato su un grande “fregio” che era dipinto sulla parete di fondo del salone, mentre il rettore Claudio Pettinari e Luciano Birocco ricordano, nella prefazione e nel capitolo d’apertura, rispettivamente, la loro “prima conoscenza” con Palazzo Ducale e l’inizio nel 1987 di un rinnovato interesse storico culturale per gli stemmi dalla Sala Grande.
© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca
(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 33 del 5 settembre 2020)
Commenti
Posta un commento