Marche. Viaggio millenario tra storie, miti e leggende.

Matteo Parrini, Marche esoteriche e occulte, Intermedia edizioni, Orvieto 2020, pp. 268, Euro 12.


© Passo delle Streghe, Val dell’Inferno e Gola dell’Infernaccio, Pizzo e Grotta del Diavolo, Monte di Morte, sono alcuni nomi della toponomastica della vasta zona montuosa compresa tra Marche, Umbria e reatino dove per secoli e millenni si sono tramandati miti, tradizioni, leggende, frutto di diverse culture, spesso contaminatesi tra loro, espressioni di popoli diversi che in epoche diverse abitarono queste terre. Le tradizioni orali perpetuatasi nel tempo hanno trovato testimonianze nella storia dell’arte e in molti ritrovamenti archeologici che hanno permesso di riportare alla luce pietre, anfore, oggetti di metalli ed altro con su incise o raffigurate forme, simboli e segni esoterici legati a divinità, credenze popolari o pratiche di vera e propria stregoneria.

Una sorta di viaggio attraverso luoghi, simboli e antichi rituali nelle Marche, tra antichità, Medioevo ed età moderna lo ha compiuto Matteo Parrini, iesino di nascita, matelicese di adozione, il quale ha raccolto in un libro testimonianze documentali di pratiche occulte e riti di sette esoteriche in cui si è imbattuto nel corso di ricerche condotte negli anni per altre sue pubblicazioni di storia locale.  

Il libro segue un andamento pressoché cronologico. Parte dal paleolitico superiore, epoca a cui risalirebbe una Dea Madre, piccola statuetta oggi custodita nel museo archeologico di Ancona, rinvenuta in una grotta del fabrianese, quale testimonianza di antichi culti preistorici, per giungere alla diffusione nel tardo Seicento di quei fenomeni “quietistici” (condannati con Bolla di papa Innocenzo XI) cui non si sottrassero religiosi di varie località marchigiane.

Un’ampia parte del libro è dedicata ovviamente all’area dei monti Sibillini e al mito della Sibilla, con tanto di testimonianze storiche. Da quella dell’imperatore romano Claudio II il Gotico che si affidò ai responsi della Sibilla Appenninica, ai divieti medioevali di recarsi alla grotta della Sibilla, posta ai 2.150 metri dell’omonimo monte, divenuta continua meta di “pellegrini”, fino alle incompiute esplorazioni all’interno della cavità da parte di Giovanni Battista Miliani (1885), Giuseppe Moretti (1926), Tullio Colsalvatico (1946) e del geologo Cesare Lippi Boncampi (1952).  

Un capitolo è dedicato a negromanti e astrologi di vasta fama, come Cecco d’Ascoli, accusato dalla popolazione Capovallazza di Ussita di aver fatto sparire con un rito magico la sorgente dell’Acquasanta e ad “indovini” meno conosciuti, ma ugualmente consultati dalle popolazioni locali, come Francesco Francesconi, vissuto come un “santone” ad Agolla di Sefro tra l’Ottocento e il Novecento. 

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 9 del 6 marzo 2021)


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