Giorgio Zampa, da Eugenio Montale all'ideazione del Premio "Salimbeni".


© La bistrattata provincia italiana ha fatto grande il nostro paese. La maggior parte dei geni creativi nati in piccoli borghi e costretti ad “emigrare” per potersi realizzare come scienziati, imprenditori di successo, letterati, intellettuali, non solo non hanno mai dimenticato la terra natia, ma spesso vi hanno fatto ritorno per renderla protagonista di fatti, eventi, realizzazioni in grado di farla conoscere, valorizzandone le potenzialità a lungo nascoste. Appartiene a questa schiera di geni, Giorgio Zampa, germanista, docente universitario, scrittore, traduttore delle opere di Franz Kafka, Thomas Mann e di altri autori tedeschi, giornalista e critico letterario di lungo corso. Nato a San Severino Marche esattamente cento anni fa, il 24 febbraio 1921, Giorgio Zampa quando è poco più che adolescente viene attratto dalla letteratura, dai grandi autori italiani e tedeschi e inizia a respirare anche il clima degli ambienti letterari dell’epoca. Le occasioni gli si presentano durante le vacanze estive trascorse in Versilia, ospite di una zia materna. La casa di Fiumetto, località di Marina di Pietrasanta, è frequentata in estate da alcuni intellettuali e qui nel 1939 Zampa – allora diciottenne – incontra per la prima volta Eugenio Montale, il poeta ligure che già dagli anni Venti si era stabilito a Firenze e che molti anni più tardi gli darà la prima occasione per legare il nome di San Severino Marche al futuro “Premio Nobel”. Ciò avviene nel 1966. Entrambi ormai vivono a Milano, dove Montale quasi vent’anni prima aveva trovato il suo “secondo mestiere”, quello di giornalista assunto al Corriere della Sera. Zampa, che a Firenze – dove nel 1942 si era laureato in Scienze politiche e poi in Filosofia – insegna all’università Lingua e cultura tedesca, a Milano svolge un’intensa attività di giornalista e critico letterario (dal 1952 al 1963 per il Corriere della Sera, poi dal 1963al 1970 per La Stampa e in seguito lo sarà per Il Giornale di Montanelli), ma anche quella di traduttore e curatore di importanti edizioni letterarie e di saggi per importanti case editrici, tra cui Adelphi, Guanda e soprattutto Mondadori. Per quest’ultima realizza i diversi Meridiani dedicati a Montale e nel 1997 l’edizione di “Giù la piazza non c’è nessuno” della treiese Dolores Prato della quale Giorgio Zampa è stato considerato “il vero scopritore e nume tutelare”, tanto da fargli meritare la cittadinanza onoraria di Treia. Fece anche parte della giuria della V edizione del premio "Ugo Betti", presieduta da Carlo Bo e composta da altri importanti intellettuali come Libero Bigiaretti, Leone Piccioni e Valerio Volpini, che si tenne a Camerino nel gennaio 1981.

La "storica" tipografia.

L’amicizia tra Zampa e Montale, rafforzatasi a Firenze negli anni in cui entrambi facevano parte della redazione del quindicinale “Il Mondo” (1945-1947) e frequentavano il celebre Caffè culturale “Giubbe Rosse”, era rimasta immutata e, appunto, nel 1966 Montale chiede a Zampa la cortesia di curare la pubblicazione di una raccolta di quattordici poesie da lui dedicate alla moglie morta tre anni prima. Con il materiale inedito che si trovava in mano, Giorgio Zampa si ricorda dell’antica tipografia artigiana dei fratelli Narciso e Folco Bellabarba di San Severino Marche e prende così forma la prima edizione di “Xenia” di Eugenio Montale. La storia di come nacque il legame tra San Severino e il grande poeta, che pochi anni più tardi avrebbe vinto il Premio Nobel per la letteratura, Zampa la rese pubblica nel gennaio del 1981 durante una conferenza al “Gabinetto Vieusseux” di Firenze. La registrazione di quella conferenza fu poi trascritta nel 1982 e pubblicata, a firma dello stesso Zampa, su “Miscellanea Settempedana”. In questa pagina, riportiamo a parte alcuni passaggi essenziali del testo. 

Un unicum in Europa.

Il secondo “dono” di Giorgio Zampa alla sua città fu, agli inizi degli anni ’80, l’istituzione del “Premio Lorenzo e Jacopo Salimbeni per la storia e la critica d’arte”, cui pochi anni dopo seguì la costituzione dell’omonima Fondazione. Lo scopo – come disse Zampa in un’intervista – era quello di far rifiorire quei “caratteri di fierezza e finezza, di autonomia, di energia e bellezza della San Severino - Città d’Arte”, un tempo rigogliosi, che negli anni si erano attenuati.

L’idea trovò pronta e viva accoglienza nell’allora neo eletto sindaco Adriano Vissani, il quale ne rimase convinto sostenitore per tutti i suoi due consecutivi mandati quinquennali. Zampa coinvolse già nella fase “progettuale” due dei maggiori storici dell’arte, Federico Zeri e il marchigiano Pietro Zampetti. Il Premio, il nome di San Severino Marche e l’arte pre-rinascimentale della locale scuola pittorica dei Salimbeni ebbero subito grande rilievo. L’iniziativa del Premio acquisì ben presto un vasto prestigio internazionale e i fattori “vincenti” furono essenzialmente due. A livello italiano ed europeo non esistevano premi simili; esistevano tanti premi letterari, ma nessuno riguardanti un settore “ricco e fecondo come quello della storiografia e della critica d’arte”. L’iniziativa di San Severino rappresentava quindi un unicum in Europa. Il secondo aspetto fortemente voluto da Zampa fu quello di nominare una commissione giudicatrice composta da esperti tra i più autorevoli ed estranei a ogni logica accademica, politica e commerciale. Oltre a Zeri e Zampetti ne fecero inizialmente parte il direttore del Museo del Louvre, Pierre Rosemberg, lo storico dell’arte ungherese Miklos Boskovits e l’italiano Giuliano Briganti. 

Tutto questo ha favorito negli anni a seguire una larga partecipazione internazionale e a vincere il prestigioso riconoscimento sono stati alcuni dei maggiori studiosi italiani e stranieri. Già nella seconda edizione (1984) vinse un’opera dell’inglese Sir James Byam Shaw, già curatore della sezione disegni alla National Gallery di Londra. 

Alla notorietà del Premio Salimbeni contribuirono non solo le pagine culturali dei giornali italiani, ma a tratti anche le cronache di colore. Ciò avvenne, in particolare, nei primissimi anni ’90 a seguito delle “feroci” polemiche che periodicamente esplodevano tra Federico Zeri e Vittorio Sgarbi. Quest’ultimo, infatti, in quegli anni si affacciò per la prima volta alla politica proprio da San Severino dove fu eletto consigliere comunale per il Psi, cui seguì nel 1993 la sua breve parentesi di sindaco della città. 

Dopo la morte di Giorgio Zampa, avvenuta nel 2008 a San Severino, per il Premio Salimbeni è iniziata una “fase di stanca”, tanto che l’Albo d’oro dei vincitori è fermo al 2014, con la 32^ edizione. Ora, la ricorrenza del centenario della nascita del suo ideatore potrebbe essere l’occasione per rilanciare il Premio e con esso anche il ruolo culturale di San Severino Marche. La città lo dovrebbe a Zampa.

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

La foto che ritrae Giorgio Zampa con Eugenio Montale è tratta dal volume "Le linee della mano" (a cura di Roberto Cresti), Archivio storico Bellabarba, San Severino Marche 2016, pp.140 s.i.p.

(articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 9 del 6 marzo 2021)




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