Esame di Stato senza scritti? Pessimo segnale.
Se in piena pandemia i giovani si assembrano davanti ai pub, meglio possono presentarsi a scuola con tanto di mascherina per sostenere le prove scritte. Del resto dal 1999 queste prove si chiamano “esami di Stato”. Una definizione che sottolinea il momento di accertamento delle competenze, capacità e conoscenze acquisite per dichiarare lo studente idoneo ad accedere all’università o al mondo del lavoro con un diploma che ne certifichi la preparazione.
Annunciare con quattro mesi di anticipo la cancellazione degli scritti significa consentire agli studenti di abbandonare una parte dello studio, oltre a rimuovere anche quel piccolo, ma necessario, scoglio della prova scritta di italiano. Già si scrive poco a scuola e quasi per niente all’università. Molti docenti universitari quando ricevono le tesi di laurea scoprono gravi carenze linguistiche e grammaticali dei laureandi e – stando alle cronache – errori da matita blu contribuiscono ogni anno alle bocciature negli esami di abilitazione per avvocati e nei concorsi per aspiranti magistrati. La riforma della scuola dovrà tener conto di questo dato di fatto.
© Alessandro Feliziani / QN Il Resto del Carlino
(Articolo pubblicato domenica 28 febbraio 2021 su Il Resto del Carlino, edizione Macerata)
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