Remo Scuriatti, fotografo e pittore del ‘900.







© Secondo molti critici d’arte, l’invenzione della macchina fotografica contribuì definitivamente a cambiare l’arte figurativa, ma fotografia e pittura solo apparentemente sono l’antitesi l’una dell’altra. Un artista, che con la propria opera ha potuto dimostrare come l’arte fotografica e l’arte pittorica possano costituire le due facce di una stessa medaglia, è Remo Scuriatti (1900-1972), personaggio “bizzarro ed estroso, un vero bohémien dalla vita sconclusionata”, il quale dagli anni Venti agli anni Sessanta è stato al centro della vita culturale della sua città, San Severino Marche, che egli ha profondamente amato e che in questi mesi, nella ricorrenza dei 120 anni dalla nascita, lo ricorda con una mostra delle sue fotografie e dei suoi dipinti. 

La mostra (a cura di Alberto Pellegrino, con allestimento di Shura Oyarce Yuzzelli) è stata promossa dall’amministrazione comunale attraverso un apposito comitato coordinato dal sindaco Rosa Piermattei e dall’assessore alla cultura, Vanna Bianconi ed è anche un atto di pubblica riconoscenza nei confronti del fotografo e pittore Scuriatti. Lui, infatti, che in vita non volle mai vendere o donare le proprie opere, nelle volontà testamentarie lasciò il Comune di San Severino erede del suo patrimonio artistico, dell’intero archivio fotografico, nonché della casa di proprietà, poi divenuta sede della Fondazione Salimbeni. 

Dopo il lavoro di restauro curato da Cristina Raimondi e Lucia Palma (per la pittura) e Michele Boncagli (per la fotografia), le opere più significative, scelte a rappresentare i diversi periodi artistici di Remo Scuriatti, si trovano ora esposte (fino al 28 febbraio 2021) in due distinte sezioni al piano terra di Palazzo della Ragione Sommaria e nell’adiacente chiesa della Misericordia, che si affacciano entrambe su Piazza del Popolo, in posizione equidistante dal primo studio fotografico dell’artista, rimasto fino al 1960 al primo piano dell’edificio del teatro Feronia e la casa-studio di via Eustachio, dove Scuriatti continuò a lavorare fino alla sua morte.

Pur senza tralasciare di documentare con la macchina fotografica i più significativi eventi cittadini, Scuriatti è ricordato quale fotografo ritrattista, che già negli anni Venti – come ha scritto il critico d’arte Lucio Del Gobbo – aveva raggiunto una “maturità tecnico-stilistica prossima per professionalità a quella di altri fotografi marchigiani già affermati, quali Balelli e Ghergo”. 

In mostra e nel bel catalogo – sempre a cura di Alberto Pellegrino, con testi dello stesso curatore, nonché di Giuliana Pascucci, Lucio Del Gobbo, Achille Alba, Silvio Gobbi e schede delle opere a cura di Paolo Gobbi – si possono ammirare ritratti, soprattutto degli anni Trenta, di uomini, donne, bambini, nei quali il fotografo “elimina ogni possibile rigidezza, esalta il ruolo e lo status individuale con una sensibilità artistica che, in un secondo momento, troverà la sua piena espressione e realizzazione nella pittura”.

Dalla fine gli anni Quaranta, Scuriatti si dedica, infatti, alla pittura, attraversando tre periodi artistici, il figurativo, il paesaggistico e infine l’astrattismo più puro, particolarmente ricco di colore, che i critici hanno chiamato delle “Galattiche”. 

In una terza sezione della mostra, allestita in alcuni spazi della pinacoteca civica, sono esposte opere di altri artisti di San Severino (Arnaldo Bellabarba, Renato Pizzi, Ezio Raimondi, Luigi Cristini, Luciano Gregoretti, Giuseppe Massaria, Vincenzo Tomassini, Benur Caciorgna, Carlo Bucci, Wulman Ricottini, Luigi Balducci) che insieme a Remo Scuriatti sono stati nel secondo dopoguerra e ancora oltre, artefici della vivacità artistico-culturale di San Severino Marche, spesso al centro di eventi di valenza regionale e nazionale, che richiamavano in città  noti intellettuali ed artisti del tempo, come dimostra anche una foto del 1959, presente nel catalogo della mostra e che qui pubblichiamo per gentile concessione di Lucio Del Gobbo. © Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Questo articolo è stato pubblicato sul settimanale Orizzonti della Marca n. 41 del 31 ottobre 2020)


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