Paolina Leopardi, una turista d’eccezione nell’Italia dell’Ottocento

Ritratto di Paolina Leopardi (foto Centro Nazionale di Studi Leopardiani)

© Firenze è una città pulita, vi si passeggia con piacere ed ha bei locali “dove la gente parla in modo dolce ed elegante”, al contrario di Napoli, dove la sporcizia contrasta con la magnificenza di molti incantevoli scorci offerti dallo scenario naturale, ma è ovunque piena di rumori e “il gran vociare per le strade mi desta una senso di spaesamento”. Quasi come Brindisi, dove “si salva solo il porto”, mentre Foggia è una bella città, ma non altrettanto accogliente è la gente che ci vive. 

Queste annotazioni su alcune città italiane si riferiscono a più di un secolo e mezzo fa, tra l’immediato periodo preunitario e gli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia. A scriverle è una turista marchigiana d’eccezione: Paolina Leopardi, sorella delll’illustre poeta di Recanati. Dopo una vita trascorsa da nubile nel palazzo di famiglia, una volta rimasta sola, a seguito della morte di entrambi i genitori, e ormai alle soglie dei suoi sessant’anni, Paolina Leopardi decide di intraprendere una serie di viaggi per conoscere città e regioni dell’Italia che si stava formando. A spingerla ad uscire da Recanati e cercare di vincere così quel senso di solitudine, è Teresa Teja, istitutrice nella casa dei conti Carradori di Recanati, la quale – rimasta vedova – sposa in seconde nozze il fratello di Paolina, Carlo Leopardi, anche lui vedovo. 

Tra Paolina e la cognata nasce una forte amicizia, tanto che nell’arco dei dieci anni (dal 1859 al 1869) in cui la sorella del poeta va su e giù per l’Italia, durante ogni viaggio scrive a Teresa un’infinità di lettere in cui descrive minuziosamente ciò che vede, ciò che nota e soprattutto le proprie emozioni e sensazioni.

Ora ben 119 di quelle lettere inedite di Paolina Leopardi sono state raccolte, a cura di Lorenzo Abate e Laura Melosi, in un volume da pochi giorni in libreria, edito da Olschki di Firenze. Il libro, “Lettere di Paolina Leopardi a Teresa Teja dai viaggi in Italia”, è stato presentato alla sala Castiglioni della biblioteca Mozzi Borgetti di Macerata nel giorno del centocinquantesimo anniversario della morte di Paolina Leopardi. Si è trattato dell’ultimo incontro del ciclo di otto conferenze sul tema “Il racconto e i falò: quando il paesaggio diverta un personaggio letterario”, promosso dalla sezione maceratese di Italia Nostra. 

A parlare di Paolina Leopardi “turista” è stata Laura Melosi, docente di letteratura italiana all’università di Macerata, dove è anche direttrice della Scuola di Dottorato e della Cattedra “Giacomo Leopardi”. Sul poeta di Recanati e sulla famiglia Leopardi la professoressa Melosi ha scritto diversi libri e per Rizzoli ha curato anche una edizione delle “Operette morali”.

Dalle lettere di Paolina Leopardi ora portate alla luce si scopre molto del modo di viaggiare del tempo. Lei ama spostarsi in treno ed è affasciata dalle stazioni e dal via vai di gente. In alcune di queste sue “corrispondenze”, annota la differenza di rango sociale che Paolina avverte nei viaggiatori che incontra: di più alto rango quando si dirige verso il nord, gente più popolana nei treni del meridione. Nelle sue missive alla cognata Teresa, Paolina si sofferma anche sui tempi di percorrenza. Da Ancona a Bologna, ad esempio, il treno impiega ben otto ore. Del mezzo di locomozione all’epoca più veloce e moderno, Paolina Leopardi è comunque affascinata. Quando soggiorna a Senigallia, la città marchigiana che predilige, Paolina va spesso in stazione per vedere i convogli che transitano. In una lettera descrive la sensazione di meraviglia che prova una sera d’estate nel vedere transitare “un treno con ben 24 vagoni, tutti illuminati”.

L’illustre turista recanatese scrive lettere a Teresa anche quando non si allontana dalla Marche. Di Ancona, dove si reca per assistere alle rappresentazioni di opere liriche, dice di non trovarsi a propria agio, costretta a cambiare spesso albergo, così come non le piace Fermo, “brutto, sporco e scosceso” e anche di Pesaro non è entusiasta. Di Roma, all’epoca non ancora capitale d’Italia, pur esprimendo apprezzamenti, sottolinea – nonostante la sua profonda cultura – di non provare particolare emozioni di fronte alle tante antichità della civiltà romana.

Il decennio in cui Paolina Leopardi viaggia è un periodo di radicali cambiamenti politici e istituzionali. Nelle sue lettere trapela anche una certa “nostalgia” per la situazione preunitaria. Del suo soggiorno a Bologna nell’agosto 1861, ad esempio, parla molto bene della città, ma nella lettera inviata a Teresa Teja, dovendo citare Piazza San Petronio (attuale piazza Maggiore) che – scrive – le “ricorda la piazza di Loreto”, evita di chiamarla piazza Vittorio Emanuele II a cui era stata intitolata l’anno precedente. Della visita alla reggia di Caserta confessa che avrebbe molto gradito poter incontrare coloro che durante il regno di Napoli la fecero costruire e l’abitarono, mentre delle sue passeggiare nella tenuta di San Rossore – all’epoca già passata al regno d’Italia – confessa di augurarsi di non doversi trovare a tu per tu con il “nuovo inquilino”. 

Le lettere in cui parla di San Rossore risalgono all’ultimo periodo della sua vita. A Pisa, infatti, Paolina Leopardi, a partire dall’autunno del 1868 vi soggiorna in ragione delle proprie condizioni di salute, per usufruire del clima mite della città. Da Pisa, però, non farà più ritorno a casa. Infatti, in una camera dell’albergo Vittoria, sul lungarno della città toscana, dove nel frattempo l’ha raggiunta la sua amica e confidente Teresa Teja, Paolina morirà all’alba del 13 marzo 1869. 

“Lettere di Paolina Leopardi a Teresa Teja dai viaggi in Italia. 1859-1869” è un libro che contribuisce a restituire nuova luce alla sorella del più illustre poeta. Autrice di diverse traduzioni dal francese e di una biografia di Mozart, Paolina aveva una vasta cultura ed era stata anche stretta e preziosa collaboratrice di suo padre Monaldo nella redazione della rivista “La voce della regione”, edita dal 1832 al 1835. Le lettere ora pubblicate nel volume curato da Laura Melosi e Lorenzo Abbate, costituiscono – come si legge nella presentazione - “un corpus epistolare decisamente interessante, da cui emerge la curiosità intellettuale di questa viaggiatrice colta ed esigente, e insieme la trama dei pensieri, dei rapporti e degli stili di vita dell’élite femminile ottocentesca”. © Alessandro Feliziani

(Articolo scritto per Cronache Maceratesi.it e pubblicato il 14 marzo 2019)


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