Per i mali dell'entroterra sarebbe stato meglio prevenire che curare.



© Dalla settimana scorsa, dopo quasi quattro anni, sono ricomparsi i giornali sugli scaffali delle edicole di Visso e Serrapetrona e nei giorni seguenti anche gli abitanti di Ussita e Castelsantangelo sul Nera si sono riappropriati del loro diritto di potersi informare. Proprio in considerazione che l’accesso all’informazione è un diritto di tutti, non possiamo definire il ripristino del sevizio di distribuzione di quotidiani e periodici un regalo di Natale. Peraltro nessuno ha regalato nulla. Più che le tante petizioni rivolte inutilmente alle varie istituzioni pubbliche, il problema è stato infatti risolto pagando. Del resto era solo una normale – direi naturale ed evidente – questione economica. L’azienda che ogni mattina distribuisce i giornali in tutti i comuni delle Marche incassa una percentuale sulle copie vendute e quando in una località il numero dei giornali acquistati si contano sulle dita delle mani, per il distributore fare decine di chilometri in più per arrivare in tutti i piccoli comuni dell’entroterra diventa antieconomico. Ora un accordo raggiunto dai singoli comuni interessati con l’azienda anconetana di distribuzione, attraverso il sostegno di un contributo annuale di 15 mila euro garantito dalla Regione Marche, ha permesso di ripristinare la situazione preesistente. La questione, però, pone un dilemma ed una serie di considerazioni.

Il primo è se la situazione in cui sono venuti a trovarsi per quasi quattro anni Visso e gli altri comuni dell’entroterra maceratese possa in futuro ripresentarsi in altri piccoli centri della dorsale appenninica marchigiana. L’inevitabile soluzione trovata per Serrapetrona e per i centri dell’alto Nera lascia supporre che per molti altri comuni il problema si possa presentare assai presto.

Le considerazioni da fare sono legate alle cause di tale situazione. Troppo semplice limitarsi a ricordare il progressivo calo demografico dell’entroterra. Questo, semmai, è l’effetto della vera causa dello spopolamento: la pluridecennale incapacità politica di creare le condizioni per assicurare alle popolazioni dell’entroterra un migliore tenore di vita. Sia attraverso il potenziamento di servizi essenziali (istruzione e sanità in primo luogo), sia con la realizzazione di interventi infrastrutturali in grado di sostenere e modernizzare le attività locali: da quelle storicamente radicate nel territorio e legate all’ambiente agrosilvopastorale o all’artigianato, a quelle più innovative collegate ai servizi, ai beni culturali e al turismo in particolare. Tutte azioni, insomma, che avrebbero potuto efficacemente contrastare due “virus” endemici del secondo Novecento, che – pur in misura diversa da zona a zona – hanno interessato i due versanti della catena appenninica: la denatalità e l’emigrazione.  

Come è capitato di scrivere già in passato su queste pagine, mezzo secolo fa le regioni furono istituite anche – anzi, principalmente – per frenare lo spopolamento e riequilibrare sul piano sociale ed economico i rispettivi territori. Il ruolo disegnato per le regioni era quello di un ente di prossimità in grado di intervenire con maggiore efficacia, rispetto allo Stato, su situazioni di loro diretta conoscenza. Tutte hanno pressoché fallito, sia per incapacità di programmare oltre l’orizzonte dell’immediato consenso, sia per aver rincorso obiettivi e campi d’azione estranei alla loro originaria funzione. L’inopportuna riforma costituzionale dell’inizio di questo secolo ha fatto il resto, contribuendo ad alimentare una caotica situazione di competenze concorrenti e di continue interferenze con le istituzioni statali. La situazione, aggravatasi nel tempo, è balzata quest’anno in modo evidente agli occhi di tutti in occasione dei provvedimenti per far fronte alla pandemia.

È quanto mai necessario invertire la rotta, indirizzando l’azione delle regioni in una più attenta amministrazione del territorio. Nelle Marche il problema dello spopolamento dell’entroterra, specie dopo il terremoto, sta assumendo contorni drammatici. Non è più sufficiente frenare l’emigrazione, perché orami gente in età da “emigrante” è quasi scomparsa. Occorre riportare nell’entroterra i giovani e creare opportunità di lavoro, facendo così ritornare i piccoli paesi attrattivi anche per formare una famiglia. Studi sociologici recenti hanno indicato come il Covid-19 abbia messo in crisi la grande città ed il suo modello di vita. Secondo Eleonora Cutrini, docente di economia applicata all’università di Macerata, intervenuta a fine novembre ad un convegno sul tema “Emergenza e territorio in pandemia”, il riequilibrio territoriali può ripartire proprio da qui, ma occorrono azioni di sostegno che facciano da volano ad un nuovo sviluppo.

Nell’ultimo decennio si è registrato un rinnovato interesse dei giovani per l’agricoltura e per lavori legati alla ruralità. Le Marche sono una delle regioni dove il fenomeno è più marcato. Coldiretti ha recentemente censito 1.438 aziende agricole “under 35”, di cui 374 nella provincia di Macerata, molte nell’area più appenninica. Non può essere, però, solo l’agricoltura a riportare giovani nell’entroterra. La regione Emilia-Romagna ha intrapreso un’azione che può essere imitata. Nella primavera scorsa ha emanato un bando per concedere dieci milioni di euro in contributi a favore di giovani coppie per acquisto o ristrutturazione di case nei comuni dell’Appennino e la larga partecipazione ha già esaurito il bando, con circa trecento giovani famiglie (l’80% con figli piccoli) che hanno potuto acquistare o restaurare case nelle zone montane del parmense, del reggiano e dell’entroterra a sud di Bologna fino all’area riminese, confinante con la Toscana e le Marche.

È evidente che ogni intervento “curativo”, come quest’ultimo o quello volto a garantire i giornali al nostro entroterra, costituisce sempre un onere pesante per la collettività e sarebbe stato molto più utile prevenire le cause dello spopolamento, ma ormai è inutile “piangere sul latte versato”.

© Alessandro Feliziani / Orizzonti della Marca

(Articolo pubblicato sul settimanale ORIZZONTI della MARCA n. 47 del 12 dicembre 2020 con il titolo “La pluridecennale incapacità di assicurare all’entroterra condizioni migliori. Soluzioni.”)

 

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