Quel novembre del ’63, l’assassinio di Kennedy.

 

Dallas, 22 novembre 1963: gli ultimi istanti di vita di Kennedy con accanto la moglie Jacqueline.

© Quel 22 novembre del 1963 i maceratesi appresero dell’assassinio del 35esimo Presidente degli Stati Uniti d’America, John Fitzgerald Kennedy, mentre si accingevano a sedere a tavola per la cena.               

La presenza di televisori nelle case era ancora scarsa e la maggior parte della gente apprese la notizia dalla radio, durante il notiziario serale. Alla scarna notizia data dall’annunciatore del giornale radio seguì subito la corrispondenza del mitico Ruggero Orlando.

Da diversi giorni tutta la stampa italiana sta ricordando quel tragico evento che ha segnato la storia degli Stati Uniti e quasi tutte le reti televisive hanno programmato per oggi trasmissioni speciali dedicate alla figura di Kennedy.

Anche Cronache Maceratesi vuole, a suo modo, ricordare “il giorno che cambiò l’America”. Lo fa rileggendo la stampa locale, che diede conto delle reazioni dei maceratesi.

L’assassinio di Kennedy avvenne alle 12,30 (le 19,30 in Italia), troppo tardi per trovare in qualche modo spazio nelle pagine locali. Tutti i quotidiani il sabato mattina ebbero la prima pagina e diverse pagine interne dedicate ai fatti di Dallas, relegando in altre parti del giornale l’argomento principale di quelle settimane, cioè le trattative in corso nelle sedi politiche ed istituzionali romane per la formazione del primo governo italiano di centro sinistra.

In cronaca di Macerata le reazioni alla morte di Kennedy ebbero l’apertura della pagina domenica 24 novembre.  Sotto il titolo “Il cordoglio della città”, il Resto del Carlino riferì che il Consiglio provinciale, in omaggio alla memoria del presidente degli Usa rinviò di una settimana la seduta già programmata e che, sia il presidente della Provincia, Azzolino Pazzaglia, sia il sindaco di Macerata, Arnaldo Marconi, inviarono telegrammi di condoglianze all’ambasciatore americano a Roma. “In tutti gli edifici pubblici – scrisse il giornale – è stato esposto il tricolore abbrunato e per l’intera giornata capannelli di cittadini si sono formati davanti alle edicole, dove spiccavano i grandi titoli dei quotidiani, e i commenti più svariati si sono dovunque intrecciati”. 

Tre giorni più tardi la cronaca di Macerata diede conto, con un altro articolo in apertura di pagina, della commemorazione di Kennedy avvenuta per disposizione ministeriale nelle diverse scuole cittadine e in particolare di come all’Istituto tecnico commerciale e per geometri ed alla Scuola media “Mestica” già il giorno successivo i fatti di Dallas i presidi Joannin e Fuselli avessero svolto una “breve rievocazione in omaggio del presidente degli USA”. 

In questi cinquant’anni le sequenze filmate del mortale attentato a Kennedy sono state trasmesse centinaia di volte da tutte le televisioni. Su quanto accadde quel giorno nella città texana non è stata comunque fatta mai piena luce ed anche i risultati ufficiali dell’inchiesta condotta dalla famosa Commissione Warren sono stati messi più volte in discussione. Ancora oggi c’è chi non condivide una delle poche certezze cui giunse l’inchiesta: cioè che furono tre i colpi di fucile sparati contro Kennedy mentre il presidente attraversava quel giorno il centro di Dallas a bordo di una limousine scoperta, con accanto la moglie Jacqueline. Tutto questo ha contributo in tanti anni ad alimentare le più disparate ipotesi (complotto internazionale, la mafia americana, le lobby delle armi) sulle quali sono stati scritti centinaia di libri, sono stati girati molti film (uno dei più noti è “JFK - Un caso ancora aperto”, diretto nel 1991 da Oliver Stone) e sono stati realizzati svariati documentari. 

Sta di fatto che dopo cinquanta anni ancora si cercano risposte sul mistero di quell’attentato. Tutto ruota intorno ad un unico principale dubbio. Ci fu qualcuno – ed eventualmente chi – che armò la mano di Lee Oswald, indicato come unico responsabile del delitto e a sua volta ucciso due giorni dopo da un pregiudicato di nome Jack Ruby?

A puntare il dito su questi punti oscuri è stato addirittura pochi giorni fa l’attuale Segretario di Stato, John Kerry, il quale – secondo quanto riportato dalla stampa – in  un’intervista televisiva ha detto: “Ho seri dubbi che Lee Oswald abbia agito da solo. Non arrivo a credere che ci sia stato un secondo sparatore, ma ho certamente seri dubbi che egli si sia motivato da solo”. E lo stesso Kerry ha poi aggiunto: “Pur non avendo certezze che abbia avuto complici, temo che non si sia detto tutto sul periodo e sulle influenze subite da Oswald durante i suoi soggiorni a Cuba e in Russia”.

Se quel 22 novembre di cinquant’anni fa non fosse stato ucciso, Kennedy si sarebbe recato poche settimane dopo, come già era stato programmato, in vista ufficiale in Giappone. Appare oggi significativo che proprio la figlia di John Fitzgerald Kennedy, Caroline, sia stata nominata pochi giorni fa da Obama ambasciatrice Usa a Tokyo.

(articolo scritto per Cronache Maceratesi.it e pubblicato il 22 novembre 2013)


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