Le regioni senza ragione

© Giorni fa nella rubrica della posta al direttore di un quotidiano è apparsa la lettera di un signore toscano, Francesco Squillante di Subbiano (Arezzo), che iniziava con queste parole: “Sono convinto che la prima riforma da fare in Italia senza indugi sia l’abolizione senza se e senza ma delle regioni ...”. Poi il lettore proseguiva fino a chiedere quali reali miglioramenti le regioni abbiano apportato alla vita dei cittadini da quando nel 1970 sono state istituite.

Una domanda sulla quale vale la pena riflettere, anche perché l’argomento non è stato mai affrontato, neanche quando le cronache si sono dovute occupare di scandali e di sprechi che hanno coinvolto a macchia di leopardo gran parte delle regioni.

Chi ha avuto la fortuna o la sfortuna (dipende dai punti di vista) di vivere l’esperienza precedente all’organizzazione regionale forse potrà meglio fare il paragone, anche senza tener conto che proprio negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso (quando le regioni ancora non c’erano) l’Italia ha avuto il più alto indice di sviluppo e tutto veniva realizzato più speditamente. Molte scuole, ospedali ed infrastrutture ancora oggi utilizzati risalgono a quei decenni. Gli oltre 750 chilometri dell’autostrada del Sole furono costruiti in appena otto anni, meno di quanti oggi a volte s’impiega per realizzare una piccola opera pubblica e molto meno del tempo trascorso per completare la superstrada Val di Chienti o solo per iniziare a costruire il traforo di Passo Cornello, rimasto vergognosamente a metà.

I residenti nell’entroterra possono riflettere sulle politiche di riequilibrio territoriale, che – attuate molto a parole, ma poco nei fatti –  non hanno fermato lo spopolamento della montagna, né tantomeno invertito la rotta. Il risultato è stato un generale impoverimento dei servizi di tutto il comprensorio. È, infatti, forse oggi più agevole di un tempo per i ragazzi che vivono nei comuni montani frequentare la scuola dell’obbligo senza doversi allontanare troppo da casa? E per tutti coloro che vivono nei centri dell’entroterra è forse più facile oggi poter accedere ai servizi sanitari? 

La regione nel 2016 si è appropriata delle ex strade statali che nel 2001 erano state cedute alle province marchigiane. Ebbene, durante l’intensa, ma per fortuna breve, nevicata di metà gennaio lo stato della transitabilità lungo i tratti montani delle strade 209 Valnerina, 256 Muccese” e 502 “di Cingoli” ha destato molto scontento. Come hanno lamentato diversi sindaci, si è visto l’effetto di un dissennato esproprio di competenza dalla provincia alla regione. La prima da sempre preparata ed organizzata sul fronte della viabilità è stata privata di qualcosa che sapeva far bene e la seconda, del tutto disorganizzata sotto tale aspetto, non ha fatto altro che spogliarsi subito del problema delegando la gestione all’Anas.

Dieci anni fa due noti giornalisti, Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, scrissero un libro rimasto famoso, “La casta”. Menarono a destra e a manca senza riguardo e in un intero capitolo, intitolato “Sua Maestà il Governatore”, sciorinarono sprechi, clientele e manie di grandezza delle regioni. Sulla scia della popolarità di quel libro, la casta non rimase in silenzio e, cavalcando l’onda, trovò il capro espiatorio nelle province, presentate allora e anche in seguito come il “giocattolo” di cui ci si poteva privare. Oggi gli errori di tali scelte si stanno manifestando.

Su molti aspetti della vita di una comunità e in particolare sui servizi pubblici, più la gestione o, come va di moda dire oggi la “cabina di regia”, si allontana dai cittadini e più il meccanismo si “burocratizza” e non funziona. Lo hanno verificato gli allevatori dei territori terremotati che in pieno inverno non avevano ancora le stalle provvisorie per ricoverarvi i loro animali e i pochi che le stalle le avevano ricevute non le hanno potute utilizzare perché inadatte e, per di più, perché ci pioveva dentro. Lo hanno riscontrato i fedeli della chiesa di Santa Maria in via a Camerino, lasciata al suo infausto destino già dopo il terremoto di agosto. Lo notano i sindaci dei comuni del “cratere”, impossibilitati a muoversi come vorrebbero e come saprebbero fare perché legati dalle catene della burocrazia. Lo stanno constatando di persona i tanti terremotati che vedono ogni giorno allontanarsi scadenze ed obiettivi promessi. 

C’è da augurarsi che il signor Francesco Squillante o qualcuno che la pensi come lui entri a far parte del prossimo governo, ma è più probabile che l’uomo arrivi prima su Marte. 


(Articolo pubblicato sul settimanale Orizzonti della Marca n. 8 del 25 febbraio 2017)

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