Le Marche al ‘sapor diVino’.

Il vino è il primo e insostituibile testimonial di un territorio. Lo sanno bene le Marche – regione al plurale, non solo nel nome – che può vantare ben cinquantadue vitigni, di cui trenta assolutamente identificati col territorio. Di questi, ben venti possono fregiarsi della “denominazione d’origine” e cinque di essi anche della “denominazione d’origine controllata e garantita”. 

In rapporto a territorio, aziende ed ettolitri prodotti, questi numeri fanno delle Marche una vera eccellenza enologica. Un’eccellenza però, che proprio per problemi di quantità, ogni anno può far conto su un export limitato, anche se economicamente significativo.

Se quindi le Marche non possono essere “esportate” più di tanto con i vini, al contrario, possono essere i vini ad “importare” il mondo nelle Marche. Ne è convinto Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini (IMT), braccio operativo della Regione nel campo della promozione vitivinicola. 

“Attraverso gli aromi che un calice di vino può sprigionare – sostiene il direttore dell’IMT – possiamo attirare e sorprendere i turisti, portandoli alla scoperta dei profumi, dei colori e delle atmosfere di ogni piccolo angolo della regione”. 

Per sostenere questa politica, l’Istituto (e-mail: imtdoc@imtdoc.it) ha pubblicato anche un libro, “Le Marche al sapor diVino”. L’ha scritto Chiara Giacobelli, giovane autrice marchigiana, la quale pagina dopo pagina porta il lettore alla scoperta dei territori, recuperando e raccontando il sapere popolare legato alla cultura del vino, ma soprattutto a quanto di storico ed artistico i piccoli borghi marchigiani sanno offrire, senza tralasciare “chicche” di curiosità e antiche ricette della cucina tipica dei luoghi.

Sfogliando il volume balza subito agli occhi la ricchezza (non solo vitivinicola) della provincia di Macerata e, in particolare di quella vasta area collinare e montana che può identificarsi con il territorio della Diocesi di Camerino e di alcuni comuni appena oltre il confine diocesano. 

Ben sette dei sedici capitoli l’autrice li dedica ad altrettanti vini prodotti in questo ampio angolo delle Marche compreso tra il confine con l’Umbria da una parte e la Riserva naturale di Abbadia di Fiastra dall’altra, tra il fabrianese a nord e l’entroterra fermano a sud: Vernaccia di Serrapetrona docg, Serrapetrona doc, Verdicchio di Matelica riserva docg e Verdicchio di Matelica doc, San Ginesio doc, I Terreni di Sanseverino doc e Colli maceratesi doc.   

In ogni scheda dedicata al singolo vino seguono indicazioni sul territorio. Oltre alle informazioni sui centri più conosciuti (Camerino, Caldarola, Matelica, Macerata, San Ginesio, Serrapetrona, Belforte del Chienti, San Severino Marche, Tolentino ed altri), l’autrice segnala particolarità poco note, come gli affreschi della chiesa di Madonna dei Calcinari a Sefro, la chiesa di Santa Maria delle Macchie, tra Gagliole e San Severino, gli interni di Casa Zampini a Esanatoglia, importante opera futurista di Ivo Pannaggi, lo “scenario da presepe” di Pievefavera, il convento francescano di Renacavata, la Grotta dei Frati e le Lame rosse nella valle del Fiastrone, il borgo di Elcito con il vicino altipiano di Canfaito, tra San Severino ed Apiro. Tra le molte curiosità sono citate: le carbonaie e il Giardino delle farfalle a Montalto di Cessapalombo, la scuola aeroclub dei Sibillini a San Liberato. 

Non mancano le ricette di cucina, in gran parte quasi sconosciute ai più: zuppa ai gamberi di fiume, gnocchi del vescovo, i suricitti, i frascarelli, la pezzata, il polentone, il risotto alla vernaccia. Questa parte del libro è quasi un “invito” a ristoranti, trattorie e agriturismi ad inserire i piatti di tradizione nei loro menù. Il libro stesso, d’altra parte, oltre che strumento di divulgazione per chi non conosce i “tesori” delle Marche, può essere considerato anche un’esortazione agli esercizi della ristorazione a non far mai mancare nelle loro cantine – come purtroppo spesso accade – i vini del territorio. La valorizzazione dei prodotti enogastronomici, del resto, deve iniziare proprio dai luoghi di cui essi sono espressione. © Alessandro Feliziani 2016.


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