«Coltivare la Carità»: serie di incontri Caritas sulle nuove necessità. Riaperto lo Sportello antiusura a Porto Recanati



 © Nonostante i tanti lutti e le sofferenze provocate, la pandemia ha favorito una salutare riflessione sulle nostre fragilità, sulla vacuità di tante effimere certezze e ha fatto riscoprire anche il significato profondo della carità. Il Coronavirus ha colto tutti impreparati, ha stravolto la vita delle persone e anche le attività di quegli organismi che fanno dell’amore disinteressato e fraterno la loro missione. L’esempio concreto è quello della Caritas che, proprio con l’esplodere dei bisogni di carità di un crescente numero di persone sole e famiglie fragili, non si è fermata. Anzi, dall’esperienza di questi mesi di pandemia la Caritas diocesana di Macerata ha colto concreti segnali per affinare la capacità di ascolto dei bisogni, per osservare i fenomeni e le povertà sparse sul territorio, potendo fare di tutte questi elementi occasione di discernimento all’interno della propria struttura e anche a livello di comunità civile allargata.  Una crescita anche organizzativa che ha indotto il direttore Lorenzo Cerquetella a promuovere ed organizzare un corso di formazione sul tema “Coltivare la carità”. Quattro incontri settimanali (l’ultimo venerdì prossimo) per operatori, parroci, diaconi e volontari, collegati in videoconferenza attraverso una delle tante piattaforme digitali che la pandemia ha fatto scoprire ad un vasto pubblico.

“Benché localmente possa apparire una novità – precisa il direttore Cerquetella – la formazione non è una novità per la Caritas italiana, che da sempre la promuove con regolarità. Del resto l’art. 1 del nostro statuto ci affida il compito di testimoniare la carità «…in forme consone ai tempi e ai bisogni, ….. con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica». Il corso di formazione si prefigge un’opera di sensibilizzazione al dovere di carità e nello stesso tempo fare squadra per agire in modo più efficace”.

La pandemia vi ha fatto avvertire nuove esigenze?

“Sì, certo. Da una parte ci ha costretto a lavorare con mezzi nuovi (telefono e strumenti digitali) per evitare il contatto diretto con le persone, dall’altro ha ampliato la platea di nostri interlocutori. Molti per la prima volta ci hanno richiesto aiuto e anche tanti parroci, amministratori comunali, servizi sociali dei comuni si sono relazionati con noi per nuovi e continui scambi di informazioni, utili ad affrontare le più disparate situazioni di persone singole o famiglie e far arrivare ovunque la nostra concreta assistenza. L’unico servizio sospeso, poiché può essere svolto solo in presenza, è stato lo Sportello antiusura, ma già da giorni abbiamo riaperto a Porto Recanati, dove il problema è particolarmente sentito e presto sarà riattivato anche a Macerata”. 

Sono state molte le necessità affrontate in questi mesi?

“Tantissime. La pandemia ha fatto scoprire situazioni, anche dolorose, che prima erano nascoste e fatto emergere nuovi bisogni, che non scompariranno con la fine del contagio. Il contatto che si è instaurato con molti parroci sarà prezioso in futuro e tra gli obiettivi della Caritas diocesana c’è anche quello di poter creare un nucleo Caritas in ogni unita pastorale. Questo ed altri corsi che seguiranno faranno crescere la cultura del “lavorare in rete” perché, come ci ha ricordato il vescovo Nazzareno Marconi, «non dobbiamo avere la presunzione di essere quelli che risolvono i problemi dei poveri», tanto meno la superbia di risolverli da soli”.

Il corso di formazione approfondisce proprio la logica della collaborazione nello spirito di quello che monsignor Marconi – citando le parole di papa San Paolo VI, «dilatare nel mondo la civiltà dell’amore» – ha definito lo “stile Caritas”.

© Alessandro Feliziani /Emmaus-Avvenire

(Articolo pubblicato il 16 giungo 2020 su Emmaus, mensile delle Diocesi di Macerata allegato al quotidiano Avvenire)


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