Quando la stampa allunga la vita
© Uno dei casi rimasti più famosi, sia per il nome del personaggio coinvolto, sia perché all’epoca queste cose accadevano molto raramente, fu quello capitato a Mark Twain, che leggendo una mattina il giornale “apprese” di essere morto. “Una notizia fortemente esagerata” si affrettò a comunicare con senso di grande ironia lo scrittore americano. Quasi un secolo più tardi, nel 1988, a cadere nello stesso genere di gaffe giornalistica fu l’autorevole Le Monde, che annunciò la morte di Monica Vitti. Il giorno dopo il quotidiano parigino pubblicò la smentita con tanto di scuse, esprimendo da un lato il “sollievo” per il fatto che la notizia fosse risultata falsa, ma anche la “vergogna” per averla pubblicata. Quell’atto di onestà e di “autoumiliazione” del giornale francese, per aver diffuso una notizia completamente fasulla, è stato anche uno dei più clamorosi nel suo genere, perché in seguito, con l’aumentare della velocità con cui si sono letti “necrologi troppo affrettati”, questo tipo di scuse sono state sempre più contenute, quando non addirittura nascoste.
L’ultimo di cui è stata giornalisticamente anticipata la morte è un personaggio che ha legato il proprio nome a Camerino, il giudice – oggi a riposo – Luigi Tosti, diventato noto alle cronache per il suo rifiuto a celebrare i processi nell’aula del tribunale camerte in presenza del crocifisso appeso alla parete. La sua “morte” è stata data come avvenuta la mattina del 5 gennaio scorso da un sito internet maceratese, attivo da pochi mesi, che – sotto ad una foto dell’ex magistrato – titolava: “Morto a 68 anni il giudice ‘anticrocifisso’. Iniziò la sua battaglia nel 2002 quando era in servizio a Camerino, diventando un caso in tutta Italia”. La “falsa” notizia, ampliata nel giro di pochi minuti dalla sua condivisione sui social network, ha trovato la necessaria smentita solo alcune ore più tardi, quando un giornalista di un quotidiano con redazione a Macerata si è voluto giustamente accertare telefonando all’abitazione dell’ex giudice, ora residente a Rimini. La sorpresa è stata quando a rispondere all’altro capo del filo non è stata la vedova, affranta dal dolore, ma lo stesso Luigi Tosti.
L’ex magistrato di Camerino – che ironicamente ha poi raccontato l’episodio sul proprio blog personale – è così finito nella lista di personaggi, più o meno famosi, diventati oggetto di quelle notizie che – si dice – allunghino la vita. Solo per fare alcuni nomi a tutti noti, negli ultimi anni è capitato a Lino Banfi, Pippo Baudo, Max Pezzali, Renato Pozzetto e, ben tre volte in pochi anni, a Paolo Villaggio.
Vere e proprie “gaffe”, o “bufale vere”? La domanda è tutt’altro che oziosa. Con l’uso sempre più ampio di internet e con la crescente diffusione dei social network, infatti, è diventato anche difficile distinguere l’errore involontario dalla falsa notizia diffusa intenzionalmente. Si pensi che esiste anche un sito internet, “Fake a wish”, specializzato nella costruzione di false notizie sulle celebrità internazionali. Inoltre, su Facebook è stata addirittura aperta una pagina intitolata “Diffondere false notizie sulla morte di personaggi famosi”, che già conta quasi duemila “mi piace”.
Può sembrare un paradosso, ma in questa era tecnologica, in cui abbiamo tanti nuovi strumenti per comunicare e si moltiplicano continuamente le fonti informative, potersi correttamente informare è diventato assai difficile. L’ultimo rapporto Censis, pubblicato poco prima di Natale, ci ha detto che, nonostante lo stato di stagnazione dell’economia, i consumi tecnologici degli italiani negli ultimi sette anni sono quasi triplicati e più di un italiano su due usa uno smartphone con il quale è costantemente connesso al web. Nello stesso tempo la spesa per l’acquisto di libri è diminuita del 25% e le vendite dei giornali quotidiani sono crollate del 31%, passando dai cinque milioni e mezzo di copie giornaliere del 2007 a tre milioni e settecentomila nel 2014. Nel 2015 la popolazione italiana connessa ad internet ha raggiunto quota 71% (tra i giovani la percentuale è arrivata al 93%) e di conseguenza cresce la platea di quanti utilizzano i media in rete (giornali online, web tv, web radio), ma anche di coloro che si informano tramite i social network (Facebook, Twitter, Youtube e simili). Ed è proprio qui, dove tutti “pubblicano” e tutti “condividono” le informazioni, che si annidano oggi le trappole della “malainformazione”.
Ecco quindi la necessità di saper distinguere tra l’informazione “professionale” e quella prodotta – a volte anche con buoni propositi – in modo approssimativo e soprattutto senza il vincolo delle norme deontologiche che ogni giornalista deve osservare. Va subito detto, però, che anche i giornalisti spesso si “dimenticano” di osservare le regole. Nel pubblicare la notizia della morte di Monica Vitti, ad esempio, i giornalisti de le Monde “trascurarono” di valutare la fonte di quell’informazione e soprattutto di controllarla con i dovuti riscontri. Non lo fecero, probabilmente, perché non volevano far circolare la voce e mandare così all’aria il loro “scoop”. Lo scoop, appunto, che un tempo voleva dire essere l’unico giornale a pubblicare un’importante o sensazionale notizia. Oggi, invece, con l’informazione “in diretta”, si pensa di fare uno scoop pubblicando qualche minuto prima degli altri. Ma la corsa a dare la notizia non lascia quasi mai il tempo per verificarla adeguatamente e, molto spesso, anche l’impreparazione a gestire l’informazione inattesa non consente di valutarla fino in fondo.
Praticamente proprio quello che è capitato al sito internet maceratese nel dare la falsa notizia della morte di Luigi Tosti. Una “gaffe” causata dalla frenesia per lo scoop, ma anche da un’errata valutazione della fonte. Due aspetti che insieme non hanno permesso di capire come la comunicazione data dal Tar del Lazio del “presidente Luigi Tosti venuto a mancare a fine dicembre” fosse riferita non all’ex magistrato del tribunale di Camerino, bensì al presidente della prima sezione di quello stesso Tribunale amministrativo romano.
A parte tale sibillino caso di omonimia, questo dimostra quanto sia pericoloso affidarsi al web come fonte di notizia. Sulle colpe di internet dietro alle notizie false dei giornali lo scorso anno Luca Sofri ha scritto addirittura un libro, “Notizie che non lo erano” (Rizzoli). Due anni fa su Wired, Daniele Virgillito ha raccontato di essersi divertito a fare un esperimento: inserire nei profili delle persone note presenti su Wikipedia piccoli “frammenti di falsità”. Sul profilo di Umberto Scapagnini, sindaco di Catania e medico personale di Silvio Berlusconi, aveva scritto questa frase: “Il politico e il medico fanno le stesse cose: danno soluzioni ai problemi della gente”. Quando nel 2013 Scapagnini è morto, Virgillito ha ritrovato la frase da lui inventata nell’articolo con il quale Il Giornale dava notizia della morte del medico di Berlusconi e si è quindi chiesto: “Chissà se Indro Montanelli si sarebbe affidato a Wikipedia?”.
Sta di fatto che un tempo, tra la gente, per dare il marchio di attendibilità alle notizie che ci si scambiava per strada, si diceva: “L’ha detto la televisione!” oppure “L’ho letto sul giornale!”. Oggi, purtroppo, questo non lo si può più dire!
(questo articolo è stato scritto per il settimanale Orizzonti della Marca ed è stato pubblicato sul n. 3 del 23 gennaio 2016)
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