"Per salvare la montagna occorre salvare l'uomo"


Intervista a Nicola Rinaldi (1914-2016), già parlamentare della Repubblica e sindaco di Ussita, in occasione dei suoi cento anni. (Pubblicata su Orizzonti della Marca n. 5, anno 2014)

Ad osservarlo mentre sfoglia quei fogli ingialliti delle carte geologiche che già conosce a memoria, sembra di vedere un nonno che riguarda le fotografie dei nipoti o quelle dei bei momenti della giovinezza. Sul suo viso e soprattutto nei suoi occhi s’intravede tutto l’amore che prova per quei monti e per quelle vallate, tra il Bove e la Valnerina, dove è nato e di cui continua ad essere il più tenace difensore. Forse lo avrete già capito, parliamo di Nicola Rinaldi, sindaco di Ussita per oltre trent’anni, parlamentare per una legislatura, più volte presidente della Comunità montana, ma soprattutto un grande esperto di agricoltura, forestazione e di tutto ciò che riguarda il territorio.
Quando siamo andati a trovarlo nella sua abitazione di Ussita, a pochi giorni dall’ingresso nel centesimo anno di età, Nicola Rinaldi ci ha ricevuto nello studio dove per tanti anni ha esaminato documenti, preparato discorsi e sbrigato la corrispondenza, come si usava quando non c’erano ancora le e-mail e gli sms. Sul solido tavolo di noce, che avrà quasi la stessa età del padrone di casa, abbiamo visto sparsi fogli con diversi appunti, l’ultimo numero di Orizzonti della Marca, di cui – ha tenuto a dirci – è stato uno dei primi abbonati, il telefono cordless per poter rispondere personalmente a quanti ancora lo chiamano, anche solo per ricevere da lui un prezioso consiglio. Ciò che più ci ha sorpreso, però, è trovare sul tavolo le carte geologiche del territorio. Il giorno del nostro incontro, il faldone era aperto sul foglio 132, identificato con il nome Norcia, ma comprendente anche Ussita, Visso, Castelsant’Angelo sul Nera, “in assoluto – ci dice – la più bella ed interessante area d’Italia”.
Purtroppo, anche questa parte del territorio non è immune da catastrofi naturali. A parte il terremoto, oggi è sufficiente una pioggia troppo abbondante per provocare allagamenti, frane e distruzione. Perché questa fragilità?
La causa prima è l’uomo. Il modo di vivere e il rapporto con l’ambiente sono cambiati radicalmente e velocemente. Lo sviluppo della mobilità e i sistemi di riscaldamento provocano un inquinamento dell’aria che incide sulle temperature, sull’evolversi delle stagioni e sui fenomeni atmosferici. Inoltre, il terreno è diventato fragile perché non ci sono più coloro che per secoli l’hanno saputo custodire; cioè i contadini. Oggi chi si avvicina alla terra lo fa solo per costruire o per distruggere. L’acero campestre – per fare un esempio – non è messo più a dimora e quelli che esistevano sono stati divelti.
Durante il suo mandato parlamentare, tra il 1963 e il 1968, lei presentò la prima proposta di legge per istituire il Parco nazionale dei Sibillini. Cosa la spinse a farlo?
La vecchia economia pastorale stava crollando anche per ragioni psicologiche. I ragazzi abbandonavano la montagna perché non trovavano moglie e per lo stesso motivo le ragazze andavano in sposa ai forestieri. Per salvare la montagna occorre salvare l’uomo. Il mio progetto di Parco nazionale era la base per un grande Piano di sviluppo integrato, capace di salvaguardare il territorio nel rispetto della natura e nello stesso tempo creare condizioni di nuove economie, prima tra tutte l’industria turistica. Questa, però, in montagna non può sopravvivere se viene a mancare la primaria attività silvo-pastorale.
Quella sua iniziativa per istituire il Parco rimase però solo una proposta...
La presentai nel 1967 e l’anno dopo la legislatura finì, senza che si arrivasse all’approvazione. Non ci fu una vera contrarietà politica, ma a rallentarne l’iter alla Camera furono i malumori e le resistenze che giungevano proprio dal territorio dei Sibillini e soprattutto da Visso.
Comunque lei l’industria della montagna la creò poi a Ussita...
La chiamai l’industria al servizio del tempo libero delle grandi città. A Ussita diedi vita al prototipo di centri sportivi integrati della montagna: impianti di risalita a fune, palazzo del ghiaccio, piscina, palazzetto dello sport, centro tennis e altri impianti simili. Un “unicum” per le Marche montane e non solo.
Recentemente Ussita è salita agli onori della cronaca nazionale come secondo Comune italiano per entità delle entrate extratributarie in rapporto ai residenti: quasi diecimila euro per abitante. L’attuale sindaco Morosi ha detto che tale risultato è frutto della lungimiranza dell’ex sindaco Rinaldi. Ci spiega cosa fece?
Nel 1962 non avevo creduto alla nazionalizzazione dell’energia elettrica e feci di Ussita l’unico Comune italiano a realizzare la prima centrale idroelettrica dopo la nazionalizzazione. Con i proventi delle bollette il Comune fu in grado di stipulare mutui per i servizi e per altre centraline idroelettriche che ancora oggi sono fonti di entrate per le casse comunali.  
Le maggiori realizzazioni lei le realizzò negli anni Sessanta, quando non c’erano ancora le Regione, istituite nel ‘70. Se avesse aspettato dieci anni, avrebbe potuto fare ciò che ha fatto?
Non lo so. Sta di fatto che Stato e Regioni non si sono ben integrati tra loro e da quarant’anni si fanno la guerra. Le Regione debbono esistere, ma vanno ripensate nelle loro funzioni.
C’è qualcosa di cui va particolarmente orgoglioso?
Orgoglioso no. Tutto ciò che ho fatto io l’ho considerato un doveroso servizio alla comunità e ciò di cui conservo un particolare ricordo sono i quattro anni di vice presidente della Provincia (dal 1960 al 1964 ndr) con i circa 400 chilometri di strade realizzati.
Ha dei rimpianti?
Sono stato graziato dal Signore e tutto quello che ho potuto fare lo considero un dono; anzi, in alcuni casi dovrei dire un miracolo. Non ho rimpianti; nemmeno quello di aver rinunciato a fare l’assistente universitario a cui ero stato chiamato dopo la laurea in scienze agrarie a Napoli e la specializzazione in tecnica delle bonifiche a Pisa. Sarei potuto diventare un professore universitario, ma amavo troppo la mia terra e la volevo servire direttamente in prima persona e da vicino.
Grazie onorevole, riprenderemo l’intervista l’anno prossimo.
L’aspetto!

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