Marta Zura Puntaroni, "La mia San Severino è il Kentuchy delle Marche"
(Intervista pubblicata sul settimanale Orizzonti della Marca n. 48 del 9 dicembre 2017)
“Il libro è una cosa: lo si può mettere su un tavolo e guardarlo soltanto, ma se lo apri e leggi diventa un mondo”. Questa frase di Leonardo Sciascia ne “Gli zii di Sicilia” spiega bene il mondo apparso, quando era poco più che bambina, a Marta Zura Puntaroni, la giovane scrittrice di San Severino Marche balzata alla notorietà con il suo libro d’esordio, “Grande Era Onirica”, edito da Minimun fax.
I libri con i quali Marta si è affacciata al mondo sono quelli che suo nonno materno aveva acquistato da un vecchio notaio per il solo scopo di arredare lo studio della sua nuova casa. Un’intera biblioteca comperata a “stock”.
Quando frequentavo le elementari e le medie, mi trovavo spesso a casa dei nonni – racconta Marta – e mi rifugiavo nello studio per fare i compiti, ma più dei libri di scuola ero attratta da quei volumi allineati sugli scaffali delle librerie che coprivano le pareti della stanza.
Quei libri erano per te ciò che per molte tue coetanee di allora erano le Barbie…
In effetti anche quando ero molto piccola i libri sono sempre stati i miei passatempi preferiti. Prima ancora di imparare bene a leggere chiedevo a mia madre di comperarmi libri, che a volte sfogliavo facendo finta di saperli leggere. Poi negli anni delle medie ho divorato la biblioteca del nonno e quando sono arrivata a frequentare il liceo scientifico probabilmente avevo già letto molti più libri di letteratura io che la mia insegnante di lettere.
Cosa leggevi in particolare?
Leggevo di tutto. A casa dei nonni c’era praticamente l’intera letteratura dell’Ottocento, dalle opere di Jules Verne ai testi dei maggiori scrittori russi.
Quali consideri come principali letture della tua formazione?
“Guerra e pace” di Tolstoj, che ritengo sia una pietra miliare dalla letteratura e l’intera opera letteraria di Jane Austen, la mia autrice preferita. “Orgoglio e pregiudizio” è il suo romanzo più conosciuto e sicuramente uno dei più letti al mondo.
Cosa ti ha colpito in particolare dell’opera della Austin?
Diversi aspetti: in “Orgoglio e pregiudizio” il percorso di formazione e maturazione della giovane protagonista, che l’autrice tratteggia cogliendone le molteplici sfumature psicologiche e caratteriali; la presa di coscienza da parte dei protagonisti del romanzo degli errori e delle false convinzioni che li condizionano nei rapporti con gli altri; la rappresentazione dello stile di vita della classe media inglese di inizio Ottocento. Centrali, in tutti i romanzi dell'autrice, sono sempre l'amore, nelle sue diverse declinazioni e il matrimonio, quale momento essenziale della donna poiché con esso cambia la vita, che può diventare più serena o, al contrario, più complicata.
Nel tuo libro “Grande Era Onirica” – che nell’arco di poche settimane è stato finalista al Premio Fiesole, al Premio Massarosa e al POP (premio opera prima) della Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori – descrivi minuziosamente i principi attivi dei medicinali che la Marta protagonista del romanzo assume durante le terapie farmacologiche e inoltre utilizzi un lessico da medico per citare le parti anatomiche. Eppure tu non hai una formazione scientifica…
In effetti durante gli anni del liceo, quando ancora non sapevo quale sarebbe stato il mio sbocco di studi dopo la maturità, mi ero appassionata a leggere i testi di anatomia e di medicina di mia madre e quelle essenziali nozioni mi sono rimaste impresse.
Tutto il libro dimostra grande proprietà di linguaggio ed un uso molto personale della punteggiatura, tanto che non si direbbe che il romanzo è un’opera prima, quanto piuttosto un testo di una scrittrice già matura.
Il libro è sicuramente la mia opera prima, ma la scrittura mi accompagna da molti anni. Ho sempre desiderato scrivere e anni fa ho aperto un blog che si chiama “Diario di una snob”, titolo in parte ispiratomi dall’opera di Virginia Woolf. Posso dire che il libro è nato in un certo senso a causa del blog.
Cioè?
Alessandro Gazoia, editing di Minimum fax, dopo aver letto alcuni miei scritti pubblicati sul blog, mi chiese di inviargli un testo inedito. Nonostante scrivere un libro sia sempre stato un mio sogno, non diedi alcun peso a quell’invito e me ne ricordai solo diversi mesi più tardi quando, nella stesura destinata al “Diario di una snob” di quello che è poi diventato il secondo capitolo di “Grande Era Onirica” mi accorsi che il testo che avevo scritto era troppo lungo per la pubblicazione sul blog e così decisi di spedirlo per posta elettronica a Gazoia. Mi rispose entusiasta, invitandomi a farne un vero e proprio romanzo. Così, dopo quattro mesi di lavoro, è nato il mio primo libro con il quale a 28 anni ho coronato un sogno che nutrivo dentro di me sin da bambina.
Dopo la laurea in letteratura ispanoamericana conseguita all’università di Siena, sei rimasta a vivere nella città toscana, dove lavori come social media manager nel campo della moda. Il tuo romanzo è ambientato tra Siena e San Severino. Quale delle due città senti oggi più tua?
Sono due realtà diverse che amo alla stessa maniera. Non mi sento senese, ma di Siena apprezzo la “sienosità”, che non è un concetto geografico, bensì un valore antropologico. A Siena, infatti, si appartiene alla contrada ed avere la contrada è come avere una famiglia che non ti abbandona mai. A San Severino ritrovo la mia marchigianità, i luoghi, i paesaggi, i boschi dove mio padre mi portava da piccola e che sento miei.
In un post su Facebook hai paragonato San Severino al Kentucky. Cosa hai inteso dire?
Kentucky sta ad indicare il concetto di autenticità. Gli Stati Uniti d’America non sono New York o San Francisco, dove vanno tutti i turisti in viaggio negli Usa. Se si vuole conoscere l’America più autentica bisogna andare nella “provincia”, in posti come l’Ohio, il Missouri, la Virginia, il Kentucky, appunto. Questo il senso di quel mio post su facebook, per dire che San Severino e i paesi di questo entroterra sono le Marche più autentiche.
Cosa vorresti che Siena avesse di San Severino e cosa vorresti trovare di Siena a San Severino?
Sono due realtà perfette a modo loro. Le tengo entrambe dentro; non le abbandono e loro non mi abbandonano. Desidero solo vederle presto meglio collegate sul piano della viabilità e dei trasporti.
C’è un secondo libro nel cassetto?
Non è ancora nel cassetto, ma si sta maturando dentro di me. Probabilmente sarà completamente ambientato nelle Marche e avrà come filo conduttore il rapporto tra padre e figlio.
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