La tua scrivania è disordinata? Sei creativo e sai lavorare in team.



Se potessimo osservare dall’alto uno qualsiasi delle decine di centri di spedizione di Amazon, il colosso dell’e-commerce fondato nel 1994 a Seattle e oggi presente in tutto il mondo, avremmo l’impressione di una grande disordine. Eppure è un disordine scientificamente costruito e gestito da un sofisticato software in grado di guidare i nastri trasportatori nel percorso più breve tra l’area della presa in carico degli ordini e la zona spedizione, prelevando gli oggetti più disparati tra gli scaffali del magazzino, distanti decine di metri l’uno dall’altro. L’apparente caos che regna in un centro di spedizioni di Amazon è dato dal vedere come le merci sono dislocate. Non esiste una zona abbigliamento o una zona elettrodomestici, ma noteremo una delle ultime novità librarie accanto ad un determinato modello di scarpe, come lampade di design accanto a macchine fotografiche. Il segreto del magazzino è quello di suddividere la vasta area interna in diverse zone sulla base della frequenza di vendita delle varie tipologie di merci. I prodotti venduti sistematicamente tutti i giorni sono raggruppati in una zona, mentre le merci meno richieste sono dislocate in aree più lontane. E più esse sono lontane dal cuore pulsante del magazzino e più remota è la possibilità che un ordine contenga un determinato prodotto lì custodito.

Se entrando in un ufficio notiamo una scrivania con montagne di carte che sembrano gettate a caso le une sulle altre, non dobbiamo credere che quell’impiegato sia un gran confusionario e pasticcione. Piuttosto possiamo scommettere, con serie probabilità di essere nel giusto, che chi lavora a quella scrivania ha una mente equiparabile al software del magazzino di Amazon. Le carte che egli utilizza normalmente saranno quelle più in evidenza e più vicine al piano di scrittura o alla tastiera del computer, mentre quelle sommerse da pile di altri figli e fascicoli potranno servire solo occasionalmente. Al momento opportuno l’impiegato saprà trovarle con rapidità perché la sua mente è in un certo modo organizzata come la sua scrivania. Del resto la fila di documenti sopra un tavolo da lavoro non è mai casuale, in alto ci sono sempre quelli utilizzati più di recente.


Thomas Malone, un professore del Massachusetts institute of technology, anni fa coniò due definizioni: gli “archiviatori” e e gli “accumulatori”. I primi, che sono quelli che hanno la scrivania sempre ordinata, preferiscono dare una struttura organizzativa formale ai documenti cartacei. Gli accumulatori, invece, solo coloro che lasciano le carte sulle loro scrivanie anche come modo per ricordare il lavoro da fare, aiutandosi nell’orientamento con piccoli dettagli: allineamento sfalsato dei fogli, orecchie sulle pagine, uso di post-it o altro ancora.
Anni più tardi, Steve Whittaker e Julia Hirsch, due ricercatori dell’At&t, studiarono
gli “archiviatori” e gli “acccumulatori” nel loro ambiente reale e scoprirono che il disordine funziona meglio. Notarono che gli “archiviatori”, producendo strutture organizzative più razionali ma più complesse e voluminose, crollavano sotto il peso di archivi enormi con i documenti utili soffocati tra quelli inutili, anche se ben organizzati.
Gli allegri “accumulatori”, invece, se la cavavano meglio. Usavano le scrivanie come cache provvisorie per i documenti. Le cose utili rimanevano a portata di mano, facili da ritrovare e da gettare via quando non servivano più. Ogni tanto prendevano un mucchietto di carte, le sfogliavano e ne buttavano la maggior parte. E quando archiviavano qualcosa, lo facevano in modo pratico e facile da usare.

Riferendo di questi studi nel suo libro “Messy. The power of disorder to transform our lives”, il britannico Tim Harford sottolinea come il modo di lavorare degli “archiviatori” e degli “accumulatori” si riproponga anche con la posta elettronica. I primi fanno in modo che le mail vadano direttamente nelle cartelle precedentemente organizzate, mentre i secondi le fanno arrivare tutte nell’unica pagina del programma di posta utilizzato, come se fossero tanti lettere impilate sulla scrivania.

Come una scrivania ordinata, dove tutto è a suo posto, non è sinonimo di chiarezza e intelligenza, anche il disordine sul tavolo di lavoro di impiegato o di un artigiano oppure all’interno dello studio di un pittore non è indice di disorganizzazione, né di un metodo di lavoro raffazzonato. Anzi, molto spesso è il contrario.
Una famosa frase, da molti attribuita ad Albert Einstein – altri l’attribuiscono ad Oscar Wilde – dice: “Se una scrivania disordinata è segno di una mente disordinata, di cosa sarà segno allora una scrivania vuota?”.
Forse il riferimento al genio di Einstein, che sembra lavorasse con molto disordine attorno a sé, ha fatto credere che una scrivania disordinata sia indice di intelligenza. Benché nessuno abbia dimostrato il contrario, la scienza ha però appurato che lavorare in un apparente disordine è indice di maggiore capacità creativa.

Una ricerca condotta nel 2013 dalla Carlson School of Management, dell’Università del Minnesota, ha studiato l’influenza dell’ambiente sulla creatività. Il punto di partenza dell’indagine erano alcune ricerche precedenti che dimostravano come un luogo ordinato potesse incoraggiare comportamenti convenzionali. All’opposto, un ambiente disordinato porterebbe le persone a ricercare la novità e a deviare dalla tradizione.
Anche secondo Sam Gosling, professore dell’università di Austin nel Texas, è spesso sufficiente osservare la postazione di lavoro di una persona per comprendere la sua personalità.
Steve Johnson, autore del libro “Where good ideas come From: the natural history of innovation”, sostiene che più si è disordinati e più si è brillanti. Può sembrare assurdo, ma la sua teoria ha un riscontro oggettivo nei risultati di un esperimento di effettuato da Robert Thatcher, neuroscienziato e presidente dell’Applied Neuroscience Inc. di St. Petersburg, in Florida, da cui emerge che la creatività è caotica. Le idee hanno bisogno di spaziare e di entrare in contatto con altre idee perché ci sia una scintilla creativa.
Essere predisposti ai cambiamenti e alla complessità è di gran lunga molto più produttivo. Anche quando si lavora in team, è meglio mettere insieme diversi livelli di esperienza piuttosto che tendere all’uniformità e cercare la perfezione, come fa chi è ossessionato dal predisporre ogni oggetto a suo posto sulla scrivania.

Insomma, una scrivania in ordine, dove tutto è disposto con metodo, spesso maniacale, indicherebbe una persona abitudinaria e meno capace di adattarsi con immediatezza alle novità. Al contrario il “disciplinato disordine” sarebbe indice di maggiore creatività, di capacità di accettare la complessità e di adattamento ai cambiamenti, aspetti particolarmente importanti nelle attività artistiche, ma anche nel lavoro in team e all’interno delle imprese. Attenzione, però, come ci ricorda Alessandro Milani, autore di “Pensare creativo”, non basta essere disordinati per essere dei geni.


(Articolo scritto per Espresso Ideas by Simonelli Group e pubblicato sul n. 19-20, novembre 2017)

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