Bianchi, bicicletta e caffè.


© Espresso e bicicletta, due simboli della nascita del “secolo veloce”, incrociano le loro storie al tavolo di un caffè.

Anni fa uno storico britannico, Eric Hobsbawm, definì il XX secolo come il © storia universale sono racchiusi tra due date: il 1914, anno dell’inizio della prima guerra mondiale e il 1989, anno della caduta del Muro di Berlino.
Il dibattito che si è sviluppato in seguito su questa definizione ha portato a identificare il Novecento quale “secolo della velocità”. Infatti, la trama storica del XX secolo, oltre ad essere fittissima di dati e dettagli, si è evoluta con grande velocità a seguito degli enormi progressi tecnologici, sociali, politici ed economici che l'umanità ha compiuto.
Del resto lo stesso “espresso”, ovvero il caffè espresso, prese questo nome all’alba del XX secolo come sinonimo di caffè veloce, cioè fatto velocemente al momento.

La velocità delle trasformazioni sociali può essere letta di pari passo con le continue nuove forme d'espressione e con la velocità dell'informazione che si è sviluppata e continua a svilupparsi a ritmo sostenuto sotto i nostri occhi, ma anche con la velocità dalle trasformazioni tecnologiche in tutti i campi, a iniziare da quello della mobilità.
Dai tempi dell'Impero Romano fino alla fine dell’Ottocento, il mezzo più diffuso per spostarsi era il cavallo. Nel Novecento tutto è cambiato e tutto è cambiato molto velocemente anche nei sistemi di mobilità: automobili, aerei, treni sempre più veloci.
La velocità ha influenzato anche il mondo dello sport. Alle discipline basate solo sulla forza fisica si sono aggiunte attività sportive, dove meccanica e tecnologia sono diventate strumenti a servizio dell’abilità degli individui. Il pensiero corre subito all’automobilismo, ma c’è un altro sport – molto più diffuso – dove meccanica e tecnologia hanno bisogno di un motore molto particolare, il “motore” umano, ed è il ciclismo. Uno sport molto diffuso e particolarmente amato, il cui fascino è un tutt’uno con quello della bicicletta.


La bicicletta

Per sollevare da terra una bicicletta basta una mano: nel tempo la tecnologia l’ha resa sempre più leggera. Il suo sellino affilato, le ruote sulle quali sono montate gomme sottili, il telaio dai colori accesi e luminosi sono gli elementi che fanno della bicicletta uno strumento che in tanti desidererebbero avere e sul quale vorrebbero viaggiare. La forza d'attrazione di questa macchina semplice, che non consuma, non fa rumore e non inquina, è anche il segreto del suo fascino.
La bicicletta è una compagna complice e fidata che consente esplorazioni fatte a passo d'uomo nei profumi della natura, nei segreti dei borghi, in mezzo alla gente delle città. Ed è anche dalla passione generata da questo fascino che nascono campioni del ciclismo molto popolari in tutto il mondo.


Il ciclismo

La storia del ciclismo nasce poco dopo l’inizio della diffusione della bicicletta come mezzo di trasporto e anche come strumento d’avventura dal fascino irresistibile.
L’origine è fatta risalire a un episodio, che oggi definiremo “cicloturismo”, avvenuto a Parigi in una domenica di fine Ottocento. Un nutrito gruppo di amici volle realizzare un viaggio in bicicletta verso il nord della Francia, fino a Roubaix, prefissandosi di arrivare a destinazione prima della mezzanotte. Quei ciclisti non sapevano che lungo le strade avrebbero trovato il pavé, cioè quei ciottoli conficcati nel fango in grado di far  “ballare” le loro biciclette, rendendo così ancora più aspra la fatica.
Nasceva idealmente da quell'episodio uno sport che da oltre un secolo affascina milioni di persone: il ciclismo. Quell'avventura, inoltre, diede vita a una corsa leggendaria che ancora oggi si propone tra le prove storiche di questa disciplina sportiva: la Parigi-Roubaix.
Dallo spirito dei primi pedalatori del pavé sono nate le competizioni che hanno fatto la storia del ciclismo, come il Tour de France e il Giro d'Italia. Sono stati, infatti, la Francia e l'Italia i due paesi che per primi hanno favorito la diffusione di questo sport grazie alle imprese di grandi campioni. Oggi i campioni del ciclismo non sono più solo europei, ma è europeo – anzi italiano – un brand che ha scritto e continua a scrivere pagine gloriose di questo sport: Bianchi.


Bianchi

Questo marchio storico dell’industria italiana nasce a Milano esattamente 130 anni fa, nel 1885, per iniziativa di Edoardo Bianchi. Il giovane Bianchi – ha solo vent’anni – con un passato di apprendista in diverse officine meccaniche, inizia a produrre un biciclo tutto in ferro con la caratteristica ruota anteriore molto alta, ma il suo ingegno e la voglia di innovare in quel settore, ancora emergente, lo porta già l’anno successivo a realizzare un modello con la ruota anteriore più piccola e la catena di trasmissione. Bianchi è tra i primi ad abbandonare il velocipede tradizionale e, sfruttando l’introduzione dello pneumatico a camera d’aria (brevettato da Dunlop nel 1888) e il telaio in forma di trapezio (ideato da Starley & Sutton già nel 1885), introduce le prime “moderne” biciclette con due ruote uguali.
Le biciclette Bianchi hanno successo, perché sono belle, robuste e di qualità, ma costano molto. All’inizio del ‘900 per acquistare i vari modelli occorrono cifre corrispondenti da quattro a dodici mesi di salario medio di un operaio.
Per fortuna lo sviluppo industriale dei primi anni del secolo fa crescere i salari e migliora il tenore di vita. La bicicletta diventa popolare perché si rivela mezzo pratico, nuovo strumento di trasporto e di lavoro che non pone seri problemi di manutenzione, né esagerate spese di gestione. La “due ruote” si rivela anche prezioso strumento di piacere e di svago per sempre più ampie categorie di persone e la gita “fuori porta” compiuta con questo nuovo mezzo di trasporto diventa un’inedita forma di divertimento.
Nel 1914 Bianchi produsse ben quarantacinquemila biciclette, tra cui un modello “militare”, pieghevole e ammortizzato, del peso di quindici chilogrammi (tanto da essere considerata leggera per l’epoca).  Nel frattempo l’azienda si era introdotta anche nel campo del motociclismo e dell’automobilismo. Questi due ulteriori settori saranno portati avanti contestualmente alla produzione di biciclette per quasi mezzo secolo, ma la “due ruote” continua a rappresentare il core business di Bianchi.

Il brand si diffonde in tutto il mondo come marchio di qualità del made in Italy, ma anche come marchio prestigioso nelle competizioni ciclistiche. Le biciclette da corsa Bianchi sono state utilizzate da alcuni dei più grandi campioni del passato, da Giovanni Gerbi, soprannominato “Il diavolo rosso”, a Costante Girardengo, Fausto Coppi, Felice Gimondi, Marco Pantani, Mario Cipollini. Le passioni che negli anni questi campioni del ciclismo accendono nella gente, contribuisce a diffondere anche l’uso della bicicletta e Bianchi non è solo sinonimo di “bicicletta da corsa”, ma anche di bici da passeggio, mountain bike e BMX. Nei primi anni Cinquanta, in cui gareggiava con una Bianchi il campione Fausto Coppi, in eterna lotta sportiva contro il rivale Gino Bartali, l’azienda arrivò a produrre annualmente fino a settantaquattro mila biciclette.
La squadra corse della Bianchi è stata tra le più forti al mondo. Già nel 1921 contava otto tra i maggiori ciclisti dell’epoca e il successo dei corridori, oltre che dal loro agonismo, dipendeva molto dalla continua innovazione tecnologica. Già nei primi anni del Novecento la Bianchi produceva biciclette provviste di due velocità (due pignoni sulla ruota posteriore) e soprattutto della cosiddetta “ruota libera”. Quest’ultimo era un congegno, a quel tempo rivoluzionario, preziosissimo per il ciclista poiché gli consentiva di sospendere la rotazione (cioè il movimento delle gambe) senza per questo arrestare la marcia della bicicletta. Questa cosa oggi è considerata del tutto normale, ma un secolo fa non lo era per nulla.
Negli anni Trenta la Bianchi “rivoluziona” ancora la biciletta introducendo delle innovazioni che destano grande sorpresa: la collocazione dei tiranti dei freni all’interno dei tubi del telaio e la possibilità – in caso di foratura – di rimuovere la ruota posteriore senza dover smontare il copricatena. Una rivista dell’epoca definì la nuova bicicletta Bianchi “un mezzo d’incomparabile praticità, oltre che di squisita linea di elegantissima semplicità”.

Bianchi è attenta anche al peso complessivo della bicicletta che, grazie alla continua ricerca sui materiali, si riduce costantemente nel tempo. Già nel 1953 la biciletta del campione Fausto Coppi arriva a pesare dieci chilogrammi e mezzo, due in meno rispetto a quella di alcuni anni prima. Nella continua ricerca della leggerezza, venti anni più tardi Felice Gimondi potrà contare su una bicicletta del peso inferiore ai dieci chilogrammi e nel 2000 Marco Pantani pedalerà su una vera “piuma”. La sua bicicletta Bianchi sfiora la soglia minima imposta dalla sicurezza di sei chili e 800 grammi.

Con il suo Reparto Corse, Bianchi continua a essere un riferimento in termini di tecnologia e geometria dei telai da competizione, seguendo i mutamenti del mercato nell’utilizzo dell’acciaio, dell’alluminio, del titanio e oggi del carbonio, il materiale costruttivo più avanzato.
Benché Bianchi – oggi azienda del gruppo svedese Cycleurope A.B. a capo del quale c’è l’italiano Salvatore Grimaldi – offra sul mercato mondiale (è presente in sessanta Paesi) un’ampia gamma di modelli per adulti e ragazzi, da passeggio e fuori-strada, da città e da trekking, in grado di rispondere alle esigenze di ogni ciclista, il suo nome associa nell’immaginario collettivo diverse generazioni di campioni del ciclismo e quindi il concetto di velocità, oltre che di qualità e di successi.
L’albo d’oro della Bianchi annovera ben 62 vittorie nelle più “classiche” gare di velocità in linea su strada (19 Milano – Sanremo, 16 volte il Giro di Lombardia, 7 Parigi – Roubaix , 4 Liegi – Bastogne – Liegi, 1 Giro delle Fiandre, 5 Freccia Vallone, 4 Amsted Gold Race, 4 Gran Premi delle Nazioni, 2 Gand Wevelgem); inoltre, 26 vittorie in corse a tappe (12 volte il Giro d’Italia, 3 Tour de France, 2 Vuelta di Spagna, 2 Giro della Svizzera, 2 Giro della Germania, 5 Giro dei Paesi Baschi), nonché 4 Campionati mondiali su strada e 6 Campionati mondiali di velocità su pista.

Quando si dice Bianchi, si pensa immediatamente alla longevità e al successo di un marchio leader nel ciclismo agonistico. Ma il marchio Bianchi è sinonimo pure di alta qualità e tecnologie avanzate, nonché di design. L’inconfondibile e particolare colore “celeste” delle biciclette ideato nel 1913 ha segnato per sempre la storia del ciclismo. Oggi Bianchi non significa più soltanto biciclette: è un modo di muoversi, un modo di correre e uno stile di vita che tutti possono provare, magari semplicemente sedendosi al tavolo di un “Bianchi Cafè & Cycles”.


“Bianchi Cafè & Cycles”

Il progetto “Bianchi Cafè e Cycles”, nato nel 2010 in Svezia, unisce due simboli dell’italianità nel mondo, il caffè espresso e la bicicletta Bianchi. I “Bianchi Cafè & Cycles” sono ambienti che svolgono contemporaneamente le funzioni di negozio di biciclette e di café restaurant. Un punto d’incontro, quindi, dove tecnologia, gastronomia, design e passioni si uniscono e si mescolano per creare locali unici ed esclusivi.
Il primo di questi è stato aperto nel 2010 a Stoccolma, nell’area più fashion e alla moda della capitale svedese (Norlandsgatan). Sempre in Svezia hanno fatto seguito le tre aperture di altrettanti “Bianchi Cafè & Cycles” a Salen, a Malmoe e a Vasteras.
Fuori dall’Europa, il primo “Bianchi Café & Cycles” è sorto in Giappone, a Yokohama, sul versante occidentale della baia di Tokyo. Il locale si sviluppa su due piani. In quello superiore si trova la gamma completa dei prodotti Bianchi, al piano inferiore i visitatori possono godere di un vero espresso e degustare piatti tipici italiani.
L’ultimo, in ordine di tempo, di questa catena di negozi, destinata a svilupparsi in tutto il mondo, è stato aperto a Milano e visitarlo potrà essere una vera esperienza per tutti gli operatori del caffè che arrivano in Italia per l’HOST. Si trova nel cuore della città, a pochi passi da Piazza Duomo, nell’area dove sono presenti anche i migliori brand del design, dell’arredo e della moda. Il locale, aperto dalle 6,30 del mattino a mezzanotte no stop, sette giorni su sette, si sviluppa su più livelli con uno stile architettonico in cui sperimentazione e innovazione si combinano nel rispetto della tradizione. Il negozio di biciclette (con area meccanica e bike fitting) si trova a livello stradale accanto ad un’ampia area lounge bar, dove ottimi espressi sono garantiti da una VA388 Black Eagle. Ai due piani superiori e al piano inferiore si trovano la zona ristorante con cucina a vista e altre due aree lounge di cui una con sala VIP per incontri riservati. Naturalmente, in ogni ambiente, sia che il visitatore vada alla ricerca di una nuova bicicletta o che entri per chiedere un perfetto espresso all’italiana da degustare in un contesto piacevole e accogliente, non potrà far a meno di imbattersi in riferimenti con il tipico colore “celeste” di un marchio oggi “global” sempre più orientato a elevata tecnologia, design e buongusto, per un moderno stile di vita.  (riproduzione riservata)

(Questo articolo è stato scritto per Espresso Ideas by Simonelli Group e pubblicato sul n. 15-16. Novembre 2015)

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